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Col suo bel Filippo era partita Giovanna da Brusselles; si era con lui imbarcata il giorno 8 di novembre dell'anno 1505, avviata alle coste di Biscaglia. Ma il vento e il mare cospiravano quella volta con Ferdinando d'Aragona, e il naviglio combattuto dagli elementi ebbe per gran sorte di poter appoggiare alle coste d'Inghilterra. Arrigo VII ebbe ospiti i giovani sovrani, e si può credere che con tutta la sua avarizia rallentasse un pochino i cordoni della sua borsa per trattarli a dovere. Ferdinando, che stava alle vedette, a mala pena ebbe fumo dell'appoggiata, mandò messaggi ad Arrigo, ed esortazioni e preghiere, perchè volesse trattenere quei due ragazzi, per suo avviso incapaci di regnare. Arrigo VII, il Salomone d'Inghilterra, non fu mai tanto Salomone come in quella circostanza difficile. Tenne a bada i suoi giovani ospiti più che potè, con le feste e le cacce, così mostrando di esaudire l'Aragonese; ma come gli parve che il giuoco durasse troppo, si potessero trovare altre scuse agli indugi, pensò che i due ospiti, se volevano andarsene, gli dovessero pagare lo scotto. Il suo regno era stato lungamente turbato da pretendenti di varia derivazione: li aveva sbaragliati tutti, presi tutti, salvo uno, Edmondo Pole, conte di Suffolk, riparato nelle Fiandre. Glielo poteva consegnare il suo ospite Filippo? Non gli avrebbe torto un capello: ma gli sarebbe stato caro di averlo sotto la sua vigilanza. Filippo glielo consegnò, e non fu bella cosa: certamente se ne vantò, sebbene il Tudor gli mantenesse la parola di non levar la vita all'ultimo dei suoi disgraziati rivali; grata cura che si prese parecchi anni dopo l'ottavo Arrigo, il Roboamo di quel Salomone. Così pagato lo scotto, uscivano dal Tamigi i sovrani di Castiglia, dopo tre mesi e più di quell'ozio forzato, a cui era stata buona scusa la stagione, cattiva oltre ogni termine, ed oltre ogni pronostico. E il Salomone dell'Inghilterra usava ai giovani ospiti la cortesia prelibata di non avvisare il re d'Aragona del non averli potuti trattenere di più. Di che si poteva lagnare il re Ferdinando? Per i fini di lui, per il tempo che gli occorreva a suscitar loro qualche ostacolo in casa, non erano stati trattenuti abbastanza? Il fare di più sarebbe stato come un venir meno agli obblighi sacri della cortesia, un tener prigionieri i suoi ospiti, un trattarli da nemici; cose tutte che le potevano fare un Procuste, un Licaone, un Litiersa, ed altri re birboni dell'antichit

Ma quale distanza da quei tempi al nostro! Ora quegli sdegni pudicamente accademici non si capiscono più; le celie non hanno più eco; i dardi della critica si sono spuntati; una cosa sola rimane, l'ammirazione del pubblico pel teatro di Vittor Hugo. Stupendo teatro! E come lo si rivedrebbe tutto volentieri, rappresentato da questi valenti artisti della Commedia francese! Cromwel, Marion Delorme, Hernani, Angelo, Marie Tudor, Lucrèce Borgia, Le roi s'amuse, Ruy Blas, Les Burgraves, creazioni immortali! E dire che qualche critico, oggi ancora, fa colpa a Vittor Hugo di aver voluto essere uno Shakespeare! L'ambizione, dopo tutto, era nobile. Ma uno Shakespeare riveduto e corretto; che orrore! Fermiamoci qui e mettiamo in chiaro la faccenda. Non consta da nessun documento che Vittor Hugo abbia mai detto o pensato una cosa simile. È da credersi solamente che chiunque, oggi, foss'anche un altro Shakespeare, si mettesse a scrivere pel teatro, non potrebbe più, vorrebbe, dar libero corso a quei getti d'eufimismo che guastano la semplicit