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DON IGNAZIO. Or questo è peggio, farmi penar di nuovo in ascoltar le tue scuse. Che hai tu fatto? SIMBOLO. Son stato al maestro delle vesti. DON IGNAZIO. Cominci da quello che manco m'importa. SIMBOLO. Cominciarò da quello che piú vi piace: sono stato a don Flaminio vostro fratello, per saper la risposta che ave avuto dal conte di Tricarico della vostra sposa.

DON IGNAZIO. Dite di grazia, non mi tenete piú sospeso. DON FLAMINIO. Giá è conchiuso il vostro matrimonio. DON IGNAZIO. Con la figlia del conte de Tricarico? DON FLAMINIO. Giá è contento darvi i quarantamilla ducati di dote e ha fermati i capitoli purché l'andiate a sposar per questa sera.

AVANZINO. Quando voi mi mandaste a casa del conte per veder se vi fusse, non so che mi fe' far la via della porta della cittá che va a Tricarico.... DON IGNAZIO. E ben? AVANZINO.... Trovai il conte il quale, perché se gli era sferrato il cavallo di tre piedi, s'era fermato a farlo ferrare, e li feci l'ambasciata da vostra parte.... DON IGNAZIO. E che ambasciata?

DON IGNAZIO. Chi t'ha ordinato che gli facessi quell'ambasciata? AVANZINO. S'io vedeva che voi vi attristavate per quell'indugio, io per levarvi da quella tristezza ho pregato il conte da vostra parte ch'avesse differito l'andare a Tricarico per quel giorno. DON IGNAZIO. Ah traditore, assassino! AVANZINO. In che vi ho offeso io?

Fratanto considerava fra me stesso cotal nuova: cado in pensiero che sia un fingimento di vostro fratello di scoprir l'animo vostro, se stiate innamorato d'alcuna donna.... DON IGNAZIO. Buon pensiero, per vita mia! SIMBOLO.... Per chiarirmi di ciò, con non men subito che ispedito consiglio me ne vo in casa del conte di Tricarico, e non vedo genti apparecchi di nozze.

DON IGNAZIO. Mandiamo a vedere. DON FLAMINIO. Panimbolo, va' a casa del conte. DON IGNAZIO. Vien qua, Avanzino, va' a casa del conte e vedi se il conte de Tricarico è in casa. DON FLAMINIO. Essendovi, andrò ad avisarlo io prima, verrò a trovarvi e vi andaremo insieme. DON IGNAZIO. Noi dove ci trovaremo? DON FLAMINIO. In casa. DON IGNAZIO. Andate, orsú.

SIMBOLO Se state cosí invaghito di costei, perché trattar matrimonio con la figlia del conte de Tricarico e ci avete posto don Flaminio vostro fratello per mezano? DON IGNAZIO. Quando piace a' medici che non calino i cattivi umori ne' luoghi offesi, ordinano certi riversivi: io per ingannar mio fratello, ché non s'imagini che ami costei, lo fo trattar matrimonio con la figlia del conte.

Il pagliaccio mi s'è affiochito per via e ha mezzo perso la voce; sua sorella, la Gilda, è cotta d'un impiegato di ferrovia che le faceva l'asino a Tricarico, e gli scrive lettere tutta la santa giornata e non mi lavora più come prima. E la Rosetta che a un tratto mi vien fuori con l'isterismo! Che? Contentezze grandi, caro signor dottore!

Mi lascia, e m'incontro con Panimbolo, il quale altresí mi dimandò di voi; e pregandolo mi dicesse che cosa chiedeva da voi, disse in secreto che don Flaminio aveva conchiuso col conte di Tricarico il matrimonio della figlia, e che vi vuol dare quarantamilla ducati purché foste andato a sposarla per questa sera.... DON IGNAZIO. Oimè, che pugnale è questo che mi spingi nel core?

DON IGNAZIO. Perché, partito che fui da voi, andai in casa del conte e mi dissero ch'era andato a Tricarico e che trattava con altri dar la sua figlia, io mi ho tolto un'altra per moglie secondo il mio contento. DON FLAMINIO. Non credo sia maggior contento nella vita che aver moglie a suo gusto e suo intento. Quella signora d'Ispagna che trattava don Rodrigo nostro zio?