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Prospero Farinaccio dormiva di un profondissimo sonno, rallegrato da gaie immagini di trionfi, di onori e di dovizie; e tutta questa piramide di rosee visioni gli appariva incoronata da un magnifico cappello da cardinale, ch'egli, per vezzo, scherzando depositava sopra le bionde trecce d'una femmina, la quale arieggiava nel sembiante il volto della Beatrice.

Ritta e proterva mi vedrai risorgere Come vindice larva a te dinante, Lieta del tuo dolor; E riderò su le tue gioie infrante, Bianca fanciulla da le trecce d’ôr: Poichè, superba di tue molli grazie, Tu calpestasti il sogno mio di rosa Sotto l’audace piè, T’odio, balda sirena, e son gelosa, Son gelosa di te!...

Seppellirei tra le sue braccia bianche la stanchezza di un desiderio troppo a lungo inesaudito; soffocherei nelle sue trecce calde, nel profumo della sua carne fino allora vietata, il sogno che le dava bellezza e mi dava tormento; conoscerei quel piccolo grido che i poeti chiamano amore. Io non sono un poeta; ecco, non sono un poeta. La poesia, quando sta per avvenire, mi esaspera e mi stanca.

Così la nuvola di fumo andò a finire proprio nel viso d’una vecchia pinzocchera, la quale aveva sul labbro quasi giallo due baffetti assai dispettosi e portava un luccicante abito di raso nero, guardava in giro con un occhialetto montato in ebano, e, sul culmine delle sue trecce finte, manteneva in equilibrio un allegro cappellino rococò.

Infatti quella bimba lavorava con una grazia che faceva venir voglia di baciarla. Mario si annoiava quando le ragazze lavoravano, e andava a tirar loro le trecce e non le lasciava un momento in pace. Bada che domani non ti conduco alla fiera, disse Maria, se non stai tranquillo. M'annoio, disse Mario. Fa qualche cosa. La vostra caricatura, allora. Quello che vuoi, basta che ci lasci quiete.

Dall’invetriata ch’era nel fondo le stelle macchiavano il corridoio d’una luce fredda e verde. Non risposi. La vidi andar via rapidamente. Io restai qualche attimo ferma; il cuore mi batteva. Poi, siccome sentivo le mie trecce sciogliersi, andai, camminando su le stelle, a chiudere quella porta spalancata. Entrai nella mia camera senz’accendere il lume.

Vitaliana veniva di alzarsi in quel punto. Era avvolta ancora nel suo peignoir. I piedi allungati agli alari del caminetto, sfogliando qualche giornale, cioncando una tazza di cioccolatte mentre Maria annodava alla presto le di lei magnifiche trecce arruffate dall'origliere.

Vedrei le sue luminose trecce, bionde e buie, risplendere nella Grotta dei Miracoli.

LAMPRIDIO. O cielo, come consenti che gli occhi, sole d'ogni tuo sole, or sparghino tante lacrime? o Amore, come tu soffri che si straccino quelle trecce dorate con che tu suoli legare ogni persona? o cuor mio, anzi non cuore ma pietra, come non scoppi di doglia in sentir questo? MASTICA. Tu piangi? e che faresti vedendo rotta una pignatta in mezzo il foco vicino l'ora di mangiare?

Miratela dalle trecce insino a' piedi, vedete se i membri sian ben disposti, se corrispondono tutte le parti, se fanno fra armonia, e se tutta la testura del suo corpo è insieme dicevole e isquisitamente proporzionata.