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Le ultime parole trascritte dal Manzoni, per quanto me ne assicura il professor Giovanni Rizzi, furono versi del Giorno. Cfr. il libro del signor Romussi, Il Trionfo della libert

Nell'Anon. chron. sic., cap. 40, si legge al contrario una epistola di Carlo a Piero, e la risposta: lunghe oltremodo, intessute di frasi bibliche, e di ingiurie, tra le quali nuotano le reciproche ragioni, che sono a un di presso quelle accennate dianzi. Le stesse due epistole son trascritte da Francesco Pipino nella sua Cronaca, lib. 3, cap. 15 e 16, in Muratori, R. I. S., tom.

il CHIABRERA fu solamente poeta sommo: vuolsi pur lodarlo altamente come prosatore. Il suo parlare è propriamente fiorentino purissimo; ma senza riboboli smancerie da pedanti: parvi d'udire una gentil donna fiorentina che non abbia letto libri tradotti malamente dal francese, conversato con uomini che s'estimano letterati solo che possano contaminare con modi stranieri il bellissimo idioma dell'Arno. Non ha periodi lunghi soverchiamente trasposizioni affettate; e dice le cose grandi con parole gravi e semplici; le umili con graziose. Nelle lettere famigliari è schietto, festivo, felicissimo; e va innanzi a tutti gli altri nostri, specialmente in quelle 150 a Pier Giuseppe Giustiniani, trovate in Genova, ed impresse in Bologna per gentil pensiero del P. Porrata, nobile genovese, della C. di Gesù. Nella ristampa fattane in Genova per mio suggerimento, ma condotta contro a' miei consigli, per mano altrui, si legge un certo numero di lettere inedite, che io ottenni gentilmente da chi avevale trascritte dall'archivio di Savona; ma in esse, come distese in istile curiale, non apparisce il valore del CHIABRERA. Lodevoli molto sono quelle altre, forse un 250, che usciranno colla mia assistenza dai torchj del signor Ponthenier. Bellissimi poi sono i dialoghi sull'arte poetica, e quello che contiene la sposizione di un sonetto del Petrarca: in essi non è la grandezza platonica; una nobile semplicit

La viscontessa (le cui lettere del resto non erano trascritte nei libri di Bonaventura, come quelle che non avevano alcuna attinenza a' suoi fini) narrava poco di e dei pensieri che le giravano per la fantasia; si dimostrava in quella vece molto curiosa dei pensieri, delle opere e perfino delle omissioni di Ginevra; pel rimanente, aveva a parlarle molto di teatri, di veglie, e di nuove fogge parigine. Ma non dubitate, tra i nomi degli eleganti cavalieri che cadevano sotto la penna della francese, Ginevra indovinava subito quello che all'amica premesse di più, quantunque buttato l