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per te si veggia come la vegg'io, grata m'e` piu`; e anco quest'ho caro perche' 'l discerni rimirando in Dio. Fatto m'hai lieto, e cosi` mi fa chiaro, poi che, parlando, a dubitar m'hai mosso com'esser puo`, di dolce seme, amaro>>. Questo io a lui; ed elli a me: <<S'io posso mostrarti un vero, a quel che tu dimandi terrai lo viso come tien lo dosso.

Non mancheranno tesi lacci ed ami d'un adversario tuo, che 'nvidioso al don, ch'or ti darò, sotto velami di veritá cerchi farti ritroso a l'amistade nostra; ma piú bassi che puoi gli occhi terrai col piede ombroso. Muovi tu dunque accortamente i passi per questo calle che a man destra miri, onde al terrestro paradiso vassi.

per te si veggia come la vegg’ io, grata m’è più; e anco quest’ ho caro perché ’l discerni rimirando in Dio. Fatto m’hai lieto, e così mi fa chiaro, poi che, parlando, a dubitar m’hai mosso com’ esser può, di dolce seme, amaro». Questo io a lui; ed elli a me: «S’io posso mostrarti un vero, a quel che tu dimandi terrai lo viso come tien lo dosso.

Avendo tu servito a una, te hai due persone obligato; e certo di noi ben contento ti terrai. FANNIO. Maggior contento aver non posso che vivo e con Santilla vederti. SANTILLA. Ché cosí fisso guardi, Fessenio caro? FESSENIO. Ché non vidi mai omo ad omo simile come è l'uno all'altro di voi. Ed or vedo la cagione per che seguíti son oggi tanti begli scambiamenti. SANTILLA. Vero di'.

per te si veggia come la vegg'io, grata m'e` piu`; e anco quest'ho caro perche' 'l discerni rimirando in Dio. Fatto m'hai lieto, e cosi` mi fa chiaro, poi che, parlando, a dubitar m'hai mosso com'esser puo`, di dolce seme, amaro>>. Questo io a lui; ed elli a me: <<S'io posso mostrarti un vero, a quel che tu dimandi terrai lo viso come tien lo dosso.

Mi permetti di parlarti con franchezza: non mi terrai il broncio? domandò Ariberto. Ma te ne prego; so che tu mi vuoi bene; le tue osservazioni possono essere giuste o non giuste, ma sono certamente dettate dalla sollecitudine per me, per noi. Non conti, incalzò Ariberto, che io ho un'infinit

Morella osservò Sergio, dopo un momento di riflessivo silenzio io sono felice della scelta che ò fatto e dell'ispirazione che ò avuta. Tu mi farai onore; ed io non dubito del successo. Terrai il tuo posto con bravura. Io ti rimpiangerò sempre, ma meno se sei fortunata. Parliamo d'affari allora, e formola le istruzioni che vieni a darmi. Tu

per te si veggia come la vegg’ io, grata m’è più; e anco quest’ ho caro perché ’l discerni rimirando in Dio. Fatto m’hai lieto, e così mi fa chiaro, poi che, parlando, a dubitar m’hai mosso com’ esser può, di dolce seme, amaro». Questo io a lui; ed elli a me: «S’io posso mostrarti un vero, a quel che tu dimandi terrai lo viso come tien lo dosso.

Perchè quelli vivono in piazza e tu in un romitorio, perchè il più discreto di quelli strombazzerebbe ai quattro venti la cosa, mentre tu che ne arrossisci, la terrai celata come una vergogna, perchè la loro casa spande un tanfo di vizio che metterebbe sull'avviso la persona che aspetto e la armerebbe alla difesa, mentre la tua così seria ed austera le inspirer

Vedo che l'amico Eugenio non mi ha ingannato, e che le tue pretese sono modeste. Per mia parte non esigo molto; non ho moglie, non ho famiglia. Terrai puliti gli appartamenti, mi appresterai ogni giorno un paio di piatti e una buona minestra, custodirai la casa quand'io andrò fuori.... Insomma. Insomma, non serve che Lei mi dica altro. La servirò come ho servito per un anno il signor pretore....