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È il linguaggio degli angioli, esclamò lo sconosciuto, con una nota tenuta, come si dice nel gergo del mestiere. E su queste frasi, giunti alla Latteria, sedettero ad aspettare la povera miss Tennis, che tremando ancora in tutto il corpo, stentava a levar le gambe dalle ultime asprezze del sentiero.

Se ti vedessi in procinto di tirarti una pistolettata, tutti mi riconoscerebbero il diritto di strapparti la pistola di mano anche a costo di fare a legnate. Le tue relazioni con quella signora, sarebbero a te ed agli altri più nocive che un colpo di revolver. E ti disarmo. Ho conosciuto quella signora due anni fa, quando venni a Ginevra per la gara del Tennis. Una riunione a invito sceltissima.

A questa raffinatezza di godimenti casalinghi non era ancora arrivata la bella bionda miss Dy, che da tre mesi viaggiava l'Europa in compagnia di sua madre e di miss Tennis sua istitutrice. Giovine e vivace, miss Dy non approvava il contegno irrigido di molto sue compatriote, che fanno consistere la superiorit

Miss Tennis dormiva il sonno della sua vecchia innocenza, Lord From non si accorse di nulla. Dormiva anche lui. Venne il giorno del primo concerto. Grande come sempre fu il concorso dei viaggiatori e dei toristi a questa festa dell'arte, che raccoglie ogni anno i migliori elementi della Scala e del Regio di Torino. Il programma era ricco e svariato, per tutti i gusti, come un menu di table d'hôte.

Miss Dy, stringendo nelle mani il suo povero ginocchio, ringraziò anche lei in un italiano duretto, come una penna d'acciaio, ma raddolcito dalla voce e dallo sguardo pieno di riconoscenza; e poichè il male si riduceva a una scalfitura, pregò il suo bravo salvatore d'aiutarla a discendere fino al luogo, dove miss Tennis più morta che viva raccomandava gli spiriti alla boccetta della canfora.

No eh? prende in mano l'astuccio delle racchette. Le racchette porti? To'. Per farne che? Ma non lo sai che Ginevra è un campo delle mie glorie! Sono socio onorario dell'Elvetic Club. Ci ho vinto la gara internazionale del Tennis, due anni fa. Altri tempi! Sta per mettere l'astuccio nell'involto. Che c'è di mutato? Siamo meno ricchi. Cosa fai? Metto le racchette. Fuori vanno.

Oh! io odio tutto! ho orrore di tutto! singhiozzò Valeria, quello stupido tennis, quelle stupide ragazze, che sempre ridono, ridono, ridono... Ma, mi pare che abbiamo riso anche noi, disse Edith. A me par di aver riso tutto il giorno. E anche Nino non ha fatto altro!

Al tennis Edith, diafana e leggiera, volava come una saetta, giocando all'impazzata, ridendo tra i flavi capelli scomposti; ed aveva le guancie rosate diceva Nino come il cuore di una conchiglia. Alla sera Edith si abbandonò in una seggiola a dondolo, ed era pallida e dolce, che pareva una farfalla stanca. Non è vero, Valeria? disse Nino. E Valeria disse: E' vero.

La signora Avory sorrise. Ma cosa ti viene in mente, Edith? E perchè ti sei messa quell'orrido vestito color tabacco, che ti ho detto di non portar più? Ma Edith, invece di rispondere, parlò della passeggiata nel bosco; e poi Nino raccontò del tennis... E così Edith adottò la pettinatura della Germania del Nord.

E Valeria si addormentò. Ma Edith, nel buio pensava. Edith si alzò prestissimo l'indomani, e condusse Nancy a cogliere le primule nei boschi. Fu così che Nino e Valeria dovettero andare soli al tennis. Una ragazza grassa e torpida prese il posto di Edith nel torneo. Valeria rise tutta la mattina.