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Perchè dovrei ingannarti, ora che debbo partire per espiare i miei errori? Capisco che mi son reso indegno di te e non ti chiedo di più del perdono. Non ho più il diritto di dirti che io non amo, che non ho mai amata altra donna fuori di te. Oh, non lasciarmi partire in collera Elisa. E tu balia, pregala anche tu dunque....
DON FLAMINIO. Benissimo, meglio che s'io fussi stato nel tuo cuore o tu nel mio. LECCARDO. Che dici del capitano, del suo non aspettato e fattoci beneficio? DON FLAMINIO. La fortuna non ha ingannato punto il nostro desiderio. LECCARDO. Mai mi son compiaciuto di me stesso come ora, tanto mi par d'aver fatto bene. DON FLAMINIO. Te ne ho grande obligo. LECCARDO. Ne avete cagione.
Tu sei potente, tutti i popoli del Kordofan chinan la fronte nella polvere dinanzi a te, tutte le donne delle tribù che tu comandi sono tue. Fra esse ve ne son mille e mille più belle, più nobili, più forti di me, ve ne son mille e mille che andrebbero orgogliose dei tuoi baci, dei tuoi abbracci. Prendine una e lascia che io segua la stella che mi allontanò da te.
Oh sì! benedetto te: ripigliò il vecchio: questa è la prima legge! Ma, chi svigna, o sta a covar l'uova, come si dice da noi, appena venga un buffo di traverso, cosa volete che faccia?... Lui, quell'ometto che faceva ballar il mondo sulle dita, non ha voluto saper che una cosa: Avanti! l'ho sentito io, le cento volte, gridare: Avanti, miei Italiani! E noi, avanti! sar
«Questo è più di quello che io possa sopportare! O uomo, o demonio, tu te ne menti per la gola.» E la voce: «menti per la gola.» L'uomo d'arme calò la visiera, trasse la spada, e avvoltosi il mantello intorno al braccio sinistro fece atto di avventarsi sotto la volta.
E io a lui: «Dimostrami e dichiara, se vuo’ ch’i’ porti sù di te novella, chi è colui da la veduta amara». Allor puose la mano a la mascella d’un suo compagno e la bocca li aperse, gridando: «Questi è desso, e non favella. Questi, scacciato, il dubitar sommerse in Cesare, affermando che ’l fornito sempre con danno l’attender sofferse».
MERLINO. Piú questo in un Zambello potevasi tollerare che in un cavallero e paladino di Franza, e piú col mio stile macaronico che col vostro tanto onorevole toscano. LIMERNO. Adonca, se ben comprendo, appresso di te lo stile toscano è avuto in riverenzia, che «cosí onorevole» lo chiami? MERLINO. Perché no?
E il Sannazzaro, quel sì pio, che cantò con un poema pieno di devozione de partu Virginis, fece questi altri versi in infamia del padre, e della figliuola: «O fato! sempre ti appetisce un Sesto «Lucrezia, adesso per te il padre è questo! «Ergo te semper cupiet, Lucretia, Sextus! «O fatum diri numinis hic pater est!
Oh, mamma!... Perdonami! Hai indovinato! Perdonami! Ero venuto qui con un pazzo proposito.... Perdonami, mamma! Dario! Dario!... E non pensavi...? Non più, mamma! Ora voglio vivere per te, qualunque sia la vita che mi si prepara. Mi sono gi
Or considerate che conformitá di etade è fra te e mia figliuola, ché ella è di sedici anni e tu di ottanta, che vi potrebbe essere due volte nipote.
Parola Del Giorno