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Che vuole? l'aria è pura alla campagna E sdrucciola dai monti imbalsamata: Il sole, grazia a Dio, non si sparagna Nell'abbaino un tanto la fiammata: Ma schiara i muri ed entra da padrone Ad asciugar i travicci tarlati, Scaldando l'ali d'oro a una legione Di farfalle, che brillano sui prati.

A Chiaravalle la torre che sovrasta alla cupola ottagona offre tutte le emozioni che voglio. Ecco, al tetto della chiesa, al primo riposo, si giunge coll'abito concio dalle ragnatele, col cappello schiacciato da qualche buio arco che non rispetta le proporzioni della figura umana, coll'occhio intenebrato e polveroso: travi, tegole e calcinacci sono amici, amiconi degli archeoflli curiosi. Al tetto c'è un ballatoio: e da questo una scala a piuoli al primo giro d'archi della torre; e da una colonnina di questo un'altra scala a un'altra colonnina del secondo giro, e via e via; ma sui piuoli tarlati il piede si poggia con precauzione, e gli staggi sono un po' zoppi. All'ultimo piano di colonnette si leva la piramide, e noi che le passeggiamo intorno, la vediamo tutta irta coi mattoni a spinapesce, qua e l

Fontanella è una chiesa, assai antica, in onore di santo Egidio, alla falda meridionale del Canto. D'ogni parte circondata da solitarie selve di castagni e da vigneti, su un ermo piazzaletto fra la più triste poesia, sorge il rozzo edificio di carattere robusto, colle finestre che sembrano feritoie di castello, col campanile che è una vera torre feudale. Il tempo l'ha dipinto colle indefinibili tinte che sono sulle sue ali. Lungo il fianco sinistro della chiesa, un portichetto deserto sfonda con melanconiche linee e con un buio fantastico: qui sotto si allogherebbero tanti seggioloni tarlati, e qui si aprirebbe un libro da coro, e si indovinerebbero sul pavimento gli ammuffiti avanzi della stola, delle pianete, delle cocolle, e le gocce di cera de' funerali, e gli asperges e i secchiolini: su due mensole al muro posa, polveroso, semiaperto, sconnesso un cofano da morto... ricordo forse del vicino ossario... Niente di antico qui sotto; vecchio il loggiato, vecchi i pensieri, cioè coll'uggia dello squallore. Antichi invece sono gli avanzi di case, sotto un tappeto d'edera, a destra della chiesa: e antico è l'avello che giace pesantemente, scaldando al sole il granito, serrando l'ombra e l'immobilit

Così dicendo si guardava intorno, e non potendo rimangiarsi le parole, ammutolì, perchè le tele erano poche e nessuna finita, e tutti quei mobili erano seggioloni tarlati o divani antichi da far magnifico effetto dipinti, ma nessuna buona figura a una subasta pubblica. È dunque un puntiglio? aggiunse a bassa voce.

E il Tarlati, e il Geremia? Oh, ci sono, questi due, ci sono; ma il primo, mogio mogio, s'è accovacciato nella paglia e dorme dalla paura; il secondo è ubbriaco fradicio, e non fa che rompere il capo alla gente. Lo senta; grida come un dannato.

Pochi mobili vecchi, tarlati, coperti di sbiadito damasco giallo la guernivano; da un lato una tavola, dall'altro un canapè massiccio e nano, sul quale ella s'era risvegliata in quel punto; nude le pareti, la vôlta fonda, sgretolata.

Se ti garba, potrai andar sulla paglia, a tener compagnia al Tarlati, che russa come un contrabasso. In quel mentre si udì picchiare all'uscio. Il Martini andò ad aprire, colle solite cautele. Erano altri cinque che giungevano al ritrovo. Trentuno! disse il tenente. Vuol forse Ella che io vada a dare un'occhiata agli altri, nella cantina di rimpetto? , da bravo. Martini, andate!

E mi pareva difatti che quei morti si levassero giganti, e colle braccie poderose scaraventassero nel vano i tarlati troni delle tirannidi umane.

Lo studio del vecchio artista era messo con un certo gusto; non vi erano oggetti di valore, ma le stoffe antiche un po' sbrandellate coprivano i muri, le porcellane di Venezia erano posate sui mobili tarlati; e sui divani erano gettati dei tappeti turchi molto vecchi.