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Questa graziosa ragazza che la nostra buona fortuna ci aveva fatto incontrare, era figlia di un colonnello che era stato fatto prigioniero a Sedan; suo zio generale, era pur egli prigioniero e ferito gravemente a una coscia; ora la stava in casa della tabaccaia che l'aveva veduta bambina e che l'amava come una mamma. Parlava di piani di guerra con la medesima facilit

Quando rientrammo in Digione eravamo in uno stato compassionevole: impiastricciati di fango dalla punta dei capelli a quella degli stivali... eppure le belle donnine ci salutavano e ci sorridevano con grazia: la vezzosa fata che passava le sue giornate dalla tabaccaia ci volle offrire per forza dei sigari scelti, e ci mostrò con fierezza romana, una cappa d'incerato alla manica della quale faceva uno stacco molto sentito la fascia bianca colla croce rossa del soccorso ai feriti.

Mi fermai a dire due sciocchezze con la tabaccaia; la Luisa mi rimproverò perché io era uscito, io le accennai che ritornavo in casa; ci si bisticciò, si fece la pace, si rise eppoi andai in camera a scaldarmi. Non sentendo più dentro me alcun'indizio di malattia, la sera me ne andai al solito Restaurant; vi entrai tristo: ripensavo che l'ultima volta ci ero entrato insieme con Rossi!

Il male però progrediva spaventosamente: mi martellavano le tempie; avevo perduto la voce, le gambe mi reggevano appena. Passando dalla bottega della tabaccaia, vi entrai, e mi buttai rifinito su di una seggiola.

Giunto presso Castel S. Angelo, sentì voglia di uno zigaro. Entrò pertanto in un botteghino di privative, ove trovavansi tre popolani, seduti presso il banco a discorrere colla venditrice piuttosto piacente. La loro bibita era acquavite. Quella tabaccaia scelse, con premura lo zigaro ad Alfredo, ed egli ringraziò colla frase: molto gentile la signorina!