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Pierio, quasi colpito da arcano fulmine, cadde sul suolo, ma poco dopo si rizzò e gettandosi tutto doloroso sul cataletto: A che mi giova urlò essere libero? Pierio! Oh madre, oh madre!... la sventura t'ha uccisa! Pierio disse allora Giaimo Pierio, è Tecla che te lo comanda per me... giacchè sei, sta libero... salvati... piglia le montagne...

Fosti veduta alla recita dell'Epidico.... e fu veduto e notato anche un altro. Ah! Ma l'amico è dunque molto possente su te? Egli t'ha ammaliata a segno di farti dimenticare la tua.... Come chiamarla? Dignit

Che febbre? Bufalo! Dico che Santilla m'ha concio male. FESSENIO. T'ha battuto? CALANDRO. Oh! oh! oh! Tu se' grosso! Dico ch'ella m'ha inamorato forte. FESSENIO. Be', presto sarai da lei. CALANDRO. Andiamo dunque da lei. FESSENIO. Ci sono ancora di mali passi. CALANDRO. Non ci perder tempo. FESSENIO. Non dormirò. CALANDRO. Fallo. FESSENIO. El vedrai: ché or ora sarò qui con la risposta. Addio.

La serva sua t'ha parlato? LIDIO femina. Or ora. RUFFO. E che le rispondesti? LIDIO femina. Me la levai dinanzi con villane parole. RUFFO. Non fu fuor di proposito. Ma, se piú ti parla, mostratele piú piacevole, se alla cosa attender vorremo. LIDIO femina. Cosí si fará. FANNIO. Dimmi, Ruffo: quando aría Lidio ad esser con lei? RUFFO. Quanto piú presto, meglio. FANNIO. A che ora? RUFFO. Di giorno.

Io son pieno di maraviglia. Il Palavicino raccontò al duca tutto ciò che noi sappiamo. Lo stupore dello Sforza andava crescendo ad ogni parola di Manfredo, ma come questi ebbe finito: Convien dire, proruppe, che la fortuna t'ha voluto battere per ogni verso, e mai non t'ha lasciato tranquillo un'ora.

e quella, come madre che soccorre subito al figlio palido e anelo con la sua voce, che 'l suol ben disporre, mi disse: <<Non sai tu che tu se' in cielo? e non sai tu che 'l cielo e` tutto santo, e cio` che ci si fa vien da buon zelo? Come t'avrebbe trasmutato il canto, e io ridendo, mo pensar lo puoi, poscia che 'l grido t'ha mosso cotanto;

Ed ella a me: <<Chi t'ha dunque condotto qua su` tra noi, se giu` ritornar credi?>>. E io: <<Costui ch'e` meco e non fa motto. E vivo sono; e pero` mi richiedi, spirito eletto, se tu vuo' ch'i' mova di la` per te ancor li mortai piedi>>. <<Oh, questa e` a udir si` cosa nuova>>, rispuose, <<che gran segno e` che Dio t'ami; pero` col priego tuo talor mi giova.

Unde corrivi per lo fiume delle delizie e stati del mondo con la propria volontá, seguitando la fragile carne e le molestie e temptazioni del dimonio. Il quale dimonio con la vela della tua propria volontá t'ha menato per la via di socto, la quale è uno fiume corrente; unde t'ha condocto con lui insieme a l'etterna dannazione.

Aveva una faccia, quando t'ha interrogato e punito!... Povero babbo mio! Mi vuol bene, sai! Quanto bene mi vuole! Si crede però in dovere d'esser più severo con me che non con gli altri; ed ha ragione, e gliene sono grato. Ma come fargli comprendere?... Bada che qualche cosa deve pur sospettare!

vita beata che ti stai nascosta dentro a la tua letizia, fammi nota la cagion che si` presso mi t'ha posta; e di' perche' si tace in questa rota la dolce sinfonia di paradiso, che giu` per l'altre suona si` divota>>. <<Tu hai l'udir mortal si` come il viso>>, rispuose a me; <<onde qui non si canta per quel che Beatrice non ha riso.