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Poiché a Parigi allora era l'andazzo di commedie, di critiche e romanzi, e il popol n'era ghiotto anzi pur pazzo, perché fosser riforme a quelli dianzi. Marco in su' fogli venia pavonazzo, Matteo del scrittoio fuor non creder stanzi; sicché ogni mese uscían da' torchi al varco due tomi: un di Matteo, l'altro di Marco. Ma potean ben su' fogli intisichire, a' librai furbi alfin l'utile andava.

«Noi anderem con questo giorno innanzi», rispuose, «quanto più potremo omai; ma ’l fatto è d’altra forma che non stanzi. Prima che sie l

<<Noi anderem con questo giorno innanzi>>, rispuose, <<quanto piu` potremo omai; ma 'l fatto e` d'altra forma che non stanzi. Prima che sie la` su`, tornar vedrai colui che gia` si cuopre de la costa, si` che suoi raggi tu romper non fai. Ma vedi la` un'anima che, posta sola soletta, inverso noi riguarda: quella ne 'nsegnera` la via piu` tosta>>.

Ahi Pistoia, Pistoia, ché non stanzi d’incenerarti che più non duri, poi che ’n mal fare il seme tuo avanzi? Per tutt’ i cerchi de lo ’nferno scuri non vidi spirto in Dio tanto superbo, non quel che cadde a Tebe giù da’ muri. El si fuggì che non parlò più verbo; e io vidi un centauro pien di rabbia venir chiamando: «Ov’ è, ov’ è l’acerbo?».

Ahi Pistoia, Pistoia, che' non stanzi d'incenerarti si` che piu` non duri, poi che 'n mal fare il seme tuo avanzi? Per tutt'i cerchi de lo 'nferno scuri non vidi spirto in Dio tanto superbo, non quel che cadde a Tebe giu` da' muri. El si fuggi` che non parlo` piu` verbo; e io vidi un centauro pien di rabbia venir chiamando: <<Ov'e`, ov'e` l'acerbo?>>.

<<Noi anderem con questo giorno innanzi>>, rispuose, <<quanto piu` potremo omai; ma 'l fatto e` d'altra forma che non stanzi. Prima che sie la` su`, tornar vedrai colui che gia` si cuopre de la costa, si` che suoi raggi tu romper non fai. Ma vedi la` un'anima che, posta sola soletta, inverso noi riguarda: quella ne 'nsegnera` la via piu` tosta>>.

44 Poi che non parla più Lidia infelice, va il duca per saper s'altri vi stanzi: ma la caligine alta ch'era ultrice de l'opre ingrate, si gl'ingrossa inanzi, ch'andare un palmo sol più non gli lice; anzi a forza tornar gli conviene, anzi, perché la vita non gli sia intercetta dal fumo, i passi accelerar con fretta.

Ahi Pistoia, Pistoia, che' non stanzi d'incenerarti si` che piu` non duri, poi che 'n mal fare il seme tuo avanzi? Per tutt'i cerchi de lo 'nferno scuri non vidi spirto in Dio tanto superbo, non quel che cadde a Tebe giu` da' muri. El si fuggi` che non parlo` piu` verbo; e io vidi un centauro pien di rabbia venir chiamando: <<Ov'e`, ov'e` l'acerbo?>>.

PRUDENZIO. Iuro, per Deum, ch'io non voglio piú che me stanzi in casa, ché l'è un morbo quotidiano. LUZIO. Bona sera, magister. MALFATTO. E io ancora bona sera. PRUDENZIO. Tórnate dentro, tu; e fa' che non eschi di quello agniporto, se non vòi ch'io te... MALFATTO. Non me bravate almanco. PRUDENZIO. Tu nol credi che ti farò respondere con minor rigore che non fai? Spidisciti. Vanne de sopra.

Ahi Pistoia, Pistoia, ché non stanzi d’incenerarti che più non duri, poi che ’n mal fare il seme tuo avanzi? Per tutt’ i cerchi de lo ’nferno scuri non vidi spirto in Dio tanto superbo, non quel che cadde a Tebe giù da’ muri. El si fuggì che non parlò più verbo; e io vidi un centauro pien di rabbia venir chiamando: «Ov’ è, ov’ è l’acerbo?».