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Ella, dunque, a nuove domande del presidente, rispose che, dopo aver udito parlare dello scudiscio, che il conte di Squirace teneva in mano nel giorno in cui fu ucciso, rammentava una circostanza, dimenticata sin allora nella sua profonda agitazione. L'avvocato della parte civile, il presidente sospirarono.

Supposto? interruppe il marchese. Vi dirò.... Ma io non so nulla del fatto, esclamò Diana. Datemi qualche ragguaglio. Il Venosa le raccontò con molta commozione l'assassinio del conte di Squirace nel modo si credeva, generalmente, fosse avvenuto e ch'egli stesso, cresciuto in et

Tutti noi, continuava il marchese, rammentiamo lo spavento che ebbero il duca ed Enrica, allora non maritata, e tutte le persone al loro servizio, quando il figlio di colui che la notte scorsa s'è impiccato, uccise il vostro cugino: il conte di Squirace! Il Venosa sospirò. Mi duole ripigliò il marchese aver forse commesso un'indiscrezione, nel tornare su tali memorie.

Al grido del conte di Squirace, librato nello spazio, succedette un altro grido, proferito da Enrica, che ebbe pur la forza di urlare contro il suo antico amante, contro l'uomo cui era unita da un vincolo segreto: all'assassino, all'assassino!

Il segreto di una persona di servizio! pensava Domenico, come se io non sapessi i segreti de' gran signori.... E continuava, con le guide in mano, a stringer le labbra, ad alzar le spalle, a far gesti, come per assicurarsi che il segreto sarebbe morto con lui! Il duca, intanto, parlava col conte di Squirace. Il conte non cavava gli occhi di dosso ad Enrica.

Vi pensava, smaniando. Avea saputo che s'era presentato alle carceri, ma non gli era stato concesso di vederlo. Roberto entrava nella convinzione che la morte del conto di Squirace sarebbe stata vendicata col supplizio di due uomini: quello a cui i giudici l'avrebbero condannato e quello, tutto morale, che suo padre avrebbe risentito e che lo avrebbe, in breve, trascinato alla tomba.

Volle tornare a sobillar Emilio. Mi avete detto, ripigliò, a un tratto, alzando la testa, che il conte di Squirace dovea sposare la principessa? Sicuro, si diceva: egli, almeno, le avea fatto e le faceva, anche in tal momento, una corte molto assidua. Possibile! possibile! pensava Diana. Come tutto si spiegherebbe!

Altre cure, altri dolori, e la tendenza all'oblìo, forse, la sola cosa che renda la vita tollerabile, fecero scordare il delitto del parco di Mondrone. In breve non si parlò più di Roberto, del conte di Squirace. Ciccillo Jannacone tornò al suo lavoro: stette mesi senza dir parola, sempre convinto della innocenza del figlio. Domandò di vederlo: gli fu negato.

Ma, ammessa tale ipotesi, come tutto si spiegherebbe!... Anche il babbo di Adolfo, anche altri avrebbero avuto ragione, credendo Roberto innocente; in una mischia, il signor di Squirace era forse caduto dal ponte, senza che niuno lo spingesse, o per un urto che non gli era stato dato certo con l'intendimento di ucciderlo.

Il linguaggio semplice, rude di quell'uomo la persuadeva più di tanti cavilli, di tanti discorsi contorti, studiati, reticenti, che avesse udito sin allora. L'uno e l'altra continuavano, chinati, a cogliere i fiori. Diana ripensava molto a quelle parole: il conte di Squirace, che si dicea dovesse sposare la principessa. La principessa poteva aver avuto qualche influsso su quel delitto?