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Musa, che nel Ciel sparsa le chiome Di sempiterni raggi inclita splendi, E l'opre eccelse, che disperse e dome Non caschino, dal tempo indi difendi, Conta le squadre, e de' lor duci il nome, E di che Regni usciti a narrar prendi; Che oppressa da l'obblìo spira a fatica Quì fra' mortali la memoria antica.

Ondeggi e splendi in un alone di note. In te v’è un pispigliar di nidi, uno stormir di foglie al vento mosse. Ma non ti disser pagine o maestri le tue canzoni. Al fluttuar degli estri pieghi, e all’ultima gioia che ti scosse. Parole e ritmo sgorgan per incanto dall’anima cangiante come prisma al sole. Iddio con questo alato crisma benedisse in te, figlia, il riso e il pianto.

Date, vi prego a me vera novella de l'alma mia che del mio cor uscita, voi seguendo, è venuta a farsi bella: che se da voi la misera è sbandita, ella senza voi stando e io senz'ella, non ritrovo al mio scampo alcuna aita. Dello stesso Quai d'eloquenza fien chiari fiumi luce che d'alto ardor mio core incendi, ch'aguagli tua virtù? Se la 've splendi a superno desio l'anime impiumi?

Tu, che per arco memorabil splendi, E ben Rodi il provò su la muraglia, Per quale assalto il serbi? a che nol tendi? Ed a costui fier non dai battaglia? Risponde Alcasto: a gran ragion m'accendi; Ecco io sono a provar quanto ei mi vaglia, E s'al presente il suo valor fia poco, Faronne pezzi, o lo porrò sul foco.

Le nere alte case gotiche Sfolgora un lume d'argento; Non so che peso di secoli, Che stanco dolor vi sento. Tu in faccia mi splendi, o luna, Fra i tetti obliqui sorgente. Ahi che un'amara fortuna Pur nel tuo volto si sente. Deserta, in cielo, tu sei; Di tanta gloria che fai? O luna, s'io non ho lei Splender poeta ch'è mai?