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Il giorno mio sen va verso l'occaso e son sepolti in tenebrosa notte i miei pensier, il cor, l'animo e l'alma. Sorgi sol del mio sol sola sembianza. Da che tolta è dal ciel tua ardente fiamma, perché 'l superno chiostro intorno splenda di mille ardori, non però ritorna il giorno al mondo infin che non ritorni tu, la cui luce ogni altra luce asconde. Sorgi sol del mio sol sola sembianza.

Parmi che su ne l'alto il Sol non splenda, E che seco ogni luce a noi sia tolta, Onde in profondit

Quando AMEDEO fin da l'Italia corse E scese in Rodi ad arrecar salute, Ove gli amici così fier soccorse, Che son le glorie d'Ottoman perdute. Chi sia costui, ch'a noi contrario sorse, Qual ne la destra sua splenda virtute, Io nol dirò: del Vatican devoto, A grande onta di noi, pur troppo è noto.

V'ha tal cosa, o signore, che sta sopra al successo: Dio; tale che è più forte del fatto: il Diritto; tale che è più alto e più durevole d'ogni idolatria: il Tempo. Potreste voi balzar di trono Iddio? Cancellare il diritto? Abolire il tempo? Perchè, sin che splenda lume di verit

Oh dolce patria! oh come Balza de' forti il core al tuo bel nome! Stimolo a generosi atti è desìo Ch'ella in senno e virtù splenda felice: La voce che nel dice, Voce è di carit

Un istinto che Dio ha infuso nel vostro core, una voce che vi viene dalle sepolture dei vostri Grandi, un segno che la potente natura d'Italia ha messo sulla vostra fronte e nel vostro sguardo, vi dicono che siete fratelli, chiamati ad avere una sola Bandiera, un solo Patto, un solo Tempio, dall'alto del quale splenda, in caratteri visibili a tutte le genti, la Missione Italiana, la parte che Dio commise, pel bene dell'UMANITÀ, alla nostra Nazione.

Or fra quei sommi duci, onde l'oltraggio De la patria di Dio non fu sofferto, Quale aquila su l'ali, al gran viaggio Cinto di spada se ne corse UBERTO; Quasi in notturno ciel di stella un raggio De gli anni infra l'orror splenda suo merto, E si dilati, e si sollevi come Sul gran Libano cedro, il suo bel nome.

No: Roma non deve annettersi a Firenze; dobbiamo noi tutti annetterci a Roma. Ma per questo abbiamo bisogno che Roma risorga quale era quando salvò l'onore d'Italia, perduto in Milano e Novara dalla Monarchia: abbiamo bisogno ch'essa si levi dal suo sepolcro, in nome, non del passato, ma della nuova vita dell'avvenire; abbiamo bisogno ch'essa splenda, per breve tempo isolata, siccome faro di Verit

Ei diè lor caccia, e dissipati a pieno, Parte i Turchi ha sommersi in mezzo l'onda, Ed or sen viene a noi come baleno A quì rinovellar strage profonda; Intanto col valor ch'avete in seno La patria in gran fate gioconda, O vero in sul morir prendiam diletto Per bella piaga, che ci splenda in petto.

Non io, perchè più terso S'apra il ciel su' tuoi campi e il Sol sorrida, D'egregie lodi accenderò il mio verso. Fra gl'iperborei geli Avvien talor che rigorosa e fida Splenda virtù, quando per liete rive, Ch'