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Ermenegilda ride ed alle genti dice: Mirate cosa portentosa! Costor son tutti innamorati spenti di questa sfinge zoppa e mostruosa. Un tal disprezzo franco di se stessa le faceva d'amanti quella pressa. Era giunta Ermellina senza gale, grassotta, allegra, semplice e sincera; e col marito Aldabella morale, con l'occhio in guardia, ruvida e severa.

Visto ho nemici in su la patria riva, E d'altrui man nostri tesor fur prede, Spenti i parenti e de lo scettro priva, D'altro non fui che di miserie erede; Poscia per Ottoman, ben che captiva, Altra volta fui posta in regia sede; Cotanto, o stelle, m'innalzaste, e solo Per crescer più de' precipizii il duolo.

Avanti di partire non potei fare a meno di rivolgere uno sguardo a tutta quella gioventù, che si era dileguata come una meteora nel cielo; un raggio di gloria, uno sprazzo di luce eppoi il nulla. Quante illusioni, quante speranze, quanti pensieri non si erano spenti, per sempre in quella clade sanguinosissima! Chi sa che tra quelli non vi fosse uno nato a creare qualche nuovo ordinamento sociale, e che invece finir

ma questo vero e` scritto in molti lati da li scrittor de lo Spirito Santo, e tu te n'avvedrai se bene agguati; e anche la ragione il vede alquanto, che non concederebbe che motori sanza sua perfezion fosser cotanto. Or sai tu dove e quando questi amori furon creati e come: si` che spenti nel tuo disio gia` son tre ardori.

ma questo vero è scritto in molti lati da li scrittor de lo Spirito Santo, e tu te n’avvedrai se bene agguati; e anche la ragione il vede alquanto, che non concederebbe chemotori sanza sua perfezion fosser cotanto. Or sai tu dove e quando questi amori furon creati e come: che spenti nel tuo disïo gi

Ombre placide e molli, ombre silenti Del bosco, io vi ritrovo e trovo insieme Quel che passò tra voi nell'ore estreme Della mia gioia e de' bei giorni spenti. Qualche cosa di mio tra le piangenti Vostre foglie va lieto ed erra e freme, Tal che il mio core, desiando, teme Di rivivere in voi l'ore ridenti.

Poichè l'avevan ben riconosciuto Al pallore, agli spenti occhi divini, Ai raggio livido Che uscìa da lui, ed al suo labbro muto, E rimaser tremanti, ad occhi chini. Era il povero antico amor, perduto Da tanto tempo, d'ogni speme privo, Disciolto in l'aere!... E fûr trafitti da un rimorso acuto, L'antico amor non era ahimè! più vivo.

O Nïobè, con che occhi dolenti vedea io te segnata in su la strada, tra sette e sette tuoi figliuoli spenti! O Saùl, come in su la propria spada quivi parevi morto in Gelboè, che poi non sentì pioggia rugiada! O folle Aragne, vedea io te gi

Spenti i lumi nella sala, si vedr

Avanza melanconica e tenace la memoria, ma essa stessa è tortura; si rimane avviticchiati come un'edera dissecata ai rami spenti d'un olmo montano ma la vita non corre più fra le loro fibre; e quel freddo amplesso è un supplizio.