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Io non noterò come il 13 marzo il vostro ambasciatore in Parigi non avesse ancora col Governo della repubblica relazioni officiali. Non dirò i rimproveri fatti al Governo provvisorio lombardo per un timido indirizzo alla Francia. Non parlerò delle istruzioni date agli agenti vostri perchè esagerassero in Parigi le diffidenze italiane, e spegnessero, calunniando colla stampa, ogni simpatia coi Lombardi. Ma il 6 aprile protestavate formalmente contro l'assembrarsi dall'esercito alle Alpi. «Non posso intendere» scriveva il vostro ambasciatore Brignole «quali siano i motivi che hanno potuto spingere a credere la sicurezza e la gloria della repubblica esigere l'avvicinarsi dei suoi soldati alla frontiera delle Alpi. Non è quella una frontiera amica?... Perchè parlare di guerra, d'entrare in campagna?... L'agglomerazione di un corpo considerevole presso ai dominî del re potrebbe suscitare inconvenienti gravissimi». Ed il 7 aprile insisteva in nome vostro l'ambasciatore: «È necessario che la Francia intenda ben questo: se mai l'esercito della repubblica varcasse l'Alpi senz'essere chiamato... l'influenza della Francia e delle idee francesi in Italia sarebbe per lungo tempo perduta. Non si vuole l'appoggio militare della Francia, se non il giorno in cui una strepitosa disfatta avr

Quella che da venti anni suol chiamarsi in Italia arte dell'avvenire, non è che un vano attentato contro il buon gusto e contro il senso comune. Ora, non è a credersi che simili attentati possano mai riuscire. Converrebbe che la fibra umana si mutasse, converrebbe che le tendenze più nobili dello spirito e le aspirazioni verso il bello si spegnessero affatto. Dal caos momentaneo, prodotto da un fenomenale straripamento di ciurmeria e di grulleria altolocata uscir