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«Oh!», diss’ io lui, «per entro i luoghi tristi venni stamane, e sono in prima vita, ancor che l’altra, andando, acquisti». E come fu la mia risposta udita, Sordello ed elli in dietro si raccolse come gente di sùbito smarrita. L’uno a Virgilio e l’altro a un si volse che sedea , gridando: «, Currado! vieni a veder che Dio per grazia volse».

E 'l buon Sordello in terra frego` 'l dito, dicendo: <<Vedi? sola questa riga non varcheresti dopo 'l sol partito: non pero` ch'altra cosa desse briga, che la notturna tenebra, ad ir suso; quella col nonpoder la voglia intriga. Ben si poria con lei tornare in giuso e passeggiar la costa intorno errando, mentre che l'orizzonte il di` tien chiuso>>.

E 'l duca mio: <<Figliuol, che la` su` guarde?>>. E io a lui: <<A quelle tre facelle di che 'l polo di qua tutto quanto arde>>. Ond'elli a me: <<Le quattro chiare stelle che vedevi staman, son di la` basse, e queste son salite ov'eran quelle>>. Com'ei parlava, e Sordello a se' il trasse dicendo: <<Vedi la` 'l nostro avversaro>>; e drizzo` il dito perche' 'n la` guardasse.

E ’l buon Sordello in terra fregò ’l dito, dicendo: «Vedi? sola questa riga non varcheresti dopo ’l sol partito: non però ch’altra cosa desse briga, che la notturna tenebra, ad ir suso; quella col nonpoder la voglia intriga. Ben si poria con lei tornare in giuso e passeggiar la costa intorno errando, mentre che l’orizzonte il tien chiuso».

L’un poco sovra noi a star si venne, e l’altro scese in l’opposita sponda, che la gente in mezzo si contenne. Ben discernëa in lor la testa bionda; ma ne la faccia l’occhio si smarria, come virtù ch’a troppo si confonda. «Ambo vegnon del grembo di Maria», disse Sordello, «a guardia de la valle, per lo serpente che verr

surse ver’ lui del loco ove pria stava, dicendo: «O Mantoano, io son Sordello de la tua terra!»; e l’un l’altro abbracciava. Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello! Quell’ anima gentil fu così presta, sol per lo dolce suon de la sua terra, di fare al cittadin suo quivi festa;

I nostri primi poeti Folchetto, Calvi Bonaventura e Doria Percivalle di Genova, Nicoletto da Torino, Giorgio di Venezia, Sordello di Mantova, e Brunetto Latini di Firenze scrissero in francese lungo tutto il secolo decimoterzo; e san Francesco dicesi avesse tal soprannome diventato nome dal suo parlar abituale francese: ed in francese poetarono Federigo II e tutta sua corte siciliana, prima che vi si poetasse e scrivesse in italiano.

E 'l duca mio: <<Figliuol, che la` su` guarde?>>. E io a lui: <<A quelle tre facelle di che 'l polo di qua tutto quanto arde>>. Ond'elli a me: <<Le quattro chiare stelle che vedevi staman, son di la` basse, e queste son salite ov'eran quelle>>. Com'ei parlava, e Sordello a se' il trasse dicendo: <<Vedi la` 'l nostro avversaro>>; e drizzo` il dito perche' 'n la` guardasse.

«Oh!», diss’ io lui, «per entro i luoghi tristi venni stamane, e sono in prima vita, ancor che l’altra, andando, acquisti». E come fu la mia risposta udita, Sordello ed elli in dietro si raccolse come gente di sùbito smarrita. L’uno a Virgilio e l’altro a un si volse che sedea , gridando: «, Currado! vieni a veder che Dio per grazia volse».

L’un poco sovra noi a star si venne, e l’altro scese in l’opposita sponda, che la gente in mezzo si contenne. Ben discernëa in lor la testa bionda; ma ne la faccia l’occhio si smarria, come virtù ch’a troppo si confonda. «Ambo vegnon del grembo di Maria», disse Sordello, «a guardia de la valle, per lo serpente che verr