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Messer Cino, nell’accomiatarsi, era pregato dal Vergiolesi di volersi recare a lui nel giorno veniente. Selvaggia, nell’udir ciò, diè segno di tal compiacenza, che non potè celare al guardo del giovane Sinibuldi; tantochè, lieto esso pure, coi suoi amici se ne partiva. «Molte volte addiviene che all’estremo gaudio conseguita il lutto

Ma però il Sinibuldi non mal s’apponeva. Lo sconosciuto era Nello de’ Fortebracci. Una forte inimicizia perdurava da qualche tempo fra le loro famiglie. Dopo che i cittadini, avvenuto il crudel fatto de’ Cancellieri, si videro spesso dalle torri con balestre e con pietre, e per le vie con stocchi e con spade venir fra loro a battaglia, accadde un giorno (così narrano le storie) che certi della parte Nera, cioè ser Fredi di messer Sozzofante, Bertino Niccolai, che guardava la fortezza del Pantano di messer Simone Cancellieri, e altri, stando in Pistoia presso alle case di messer Gherardo de’ Fortebracci e consorti, messer Gherardo li volle offendere perchè egli era nipote di quel nobile cavaliere, messer Bertino, ucciso poco fa dallo Zazzara, fratello del detto ser Fredi. Dalle parole misero mano alle spade, tantochè per quella rissa tutta la citt

Non appena infatti si divulgò la sapienza del Commento del Sinibuldi, che molte Universit

Cino de’ Sinibuldi

Seguitando il giuoco, talora le dame si davano a pungere i cavalieri con motti curiosi e di spirito. Allorchè a sua volta toccò la scelta a Selvaggia. Essa allora volgendosi al Sinibuldi, e fattosi un poco vermiglia, così prese a dire:

Vestiva essa un bianco abito serico, stretto alla vita con cintura d’argento ed un aureo fibbiale. Una sopraveste egualmente serica cilestrina con grandi maniche aperte dal gomito al polso, e sopravi bottoni e ricami d’oro, ne arricchivano l’ornamento. Oltrechè sul confine delle candide braccia le si avvincevano due smanigli con perle, che pure a un sol filo le pendevano dal collo. Un serto cesellato in argento le cingeva la bianca fronte, e le teneva raccolto il bel volume de’ suoi capelli, biondi che parevano fila d’oro, e a grandi ricci le cadevan sugli omeri. Il suo volto era bianco rosato. Gli occhi, Cino stesso cel dice, eran soavi e pien d’amore. Alta della persona, snella e dignitosa a un tempo nel portamento. Disegnandone le belle forme, potea dirsi che ritraessero di tutta la grazia greca. La sua voce financo, troppo esile, troppo grave, le usciva con un suono dolce e melodioso da farsi udir per incanto. Cotali pregi si piacevano d’ammirare l’invitati alla festa nella nobile figlia del Vergiolesi; quando li scudieri vennero annunziando le une poco dopo le altre, co’ lor cavalieri consorti e famiglie, madonna Oretta de’ Panciatichi; Imelda e Viola di messer Rinieri de’ Cancellieri di parte Bianca; monna Alagia degli Uberti; donna Fiore de’ Gualfreducci; donna Ghisola de’ Lazzari; monna Bice de’ Muli; Dialta de’ Tedici; Finamore de’ Sodogi; Lieta de’ Reali; donna Porzia de’ Rossi; donna Lauretta di Laute de’ Sinibuldi, l’amica intima di Selvaggia, e le donzelle cugine sue Vergiolesi, Lamandina, Guidinga, Matelda, Albachiara e Argenta. Queste con alcune altre, quasi che tutte della classe de’ maggiorenti, per avvenenza, per ricche vesti e per sfoggio di gemme d’ogni maniera, facevano bella mostra: sfoggio gi

Però mentre oggi ogni provincia d’Italia con nobile emulazione innalza monumenti a’ suoi figli più celebri; a chi meglio che a Cino dei Sinibuldi si converrebbe una statua?

Per lo che a quell’ora vespertina li avresti veduti incamminarsi a brigate fuor della porta; e per cortesi modi e parole, via via farsi largo di mezzo alla folla. In una di tai brigate era anche il gentil poeta Guittoncino, poi detto sempre Cino de’ Sinibuldi.

Pel nostro racconto abbiam profittato delle inimicizie private, che, secondo la storia, passavano fra la sua famiglia e quella de’ Sinibuldi, e de’ Vergiolesi, e delle parti avverse che ciascuno seguiva; e le accalorimmo di più con una gelosa passione amorosa. Se ad estinguer gli odi e i rancori che duravano fra di essi, la missione di pace ci piacque di affidarla alla stessa Selvaggia, anche qui possiam dire che il fondo della storia gli è vero; leggendosi nel Salvi queste parole: «E perchè in Pistoia il pubblico bene od il male dipendeva in gran parte dalle famiglie de’ Fortebracci e de’ Vergiolesi, le quali erano state fin qui discordi, ed eransi fieramente perseguitate, circa al 1310 si diedero giuramento di fedelt

Mentre che messer Cino, come ispirato, con tai parole poneva fine al suo dire, annunziavasi nella sala il ritorno del capitano. Allora il Sinibuldi si congedò: e l’ambasciatore trovatosi in presenza del Vergiolesi, liberamente gli espose la sua missione.