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Roberto è ferito alla coscia e vacilla. Accorgendosi Baccelardo di averlo colpito e di poterlo finire più facilmente, l'incalza di maggiore vigoria. Però Sigelgaita, che d'appresso a Roberto pugnava unitamente a Boemondo comechè di soli quindici anni avvedutasi parimenti del colpo del marito, grida, ed ambo correndo in aiuto di lui, mentre fin allora non avevano fatto che guardargli le spalle, stringono siffattamente Baccelardo, che l'obbligano a retrocedere maggiormente perchè era omai restato solo. Allora questo sventurato principe non vede altro riparo per che fuggire da una citt

Delicata idea! sclama l'abate, e basterebbe essa sola, madonna, se vi mancassero le grazie ed il valore, per allogarvi fra le più nobili dame d'Italia. Sigelgaita esce, e l'abate, dopo alquanto di silenzio, rivoltosi a Roberto dimanda: Non vorreste, monsignore, accordarmi adesso l'onore di favellarvi breve tratto in segreto?

Amen, spavalduccio prelato, acerbamente ghignando risponde Gisulfo. E perchè in qualche modo potessimo pure mostrarvi come ci tornano graditi i vostri giuramenti, osiamo offrirvi il dono di questa catena di oro e di gemme, che ci ha servito di monile nel delle nozze del vostro padrone con la sfortunata nostra sorella Sigelgaita. Mille mercè monsignore, soggiunge fieramente il vescovo.

Tutto ciò che voi avreste dovuto restarvi dal dire, l'interrompe superbamente Sigelgaita, ricordando, ser abate, che favellavate avanti di noi di noi sorella del principe Gisulfo II di Salerno.

Per lo che, dirigendosi generosamente a sua moglie, le ordina: Madonna, vogliate avere la cortesia di dare udienza ai messi di vostro fratello, che certo di qualche cosa manda a noi a raccomandarsi. Sigelgaita allora si rivolge ai legati e sclama: Favellate, messeri, chè la volont

Dopo di che Alberada si tira il capperuccio fino agli occhi, ed entrano nella tenda. Trovarono Roberto attorniato dai suoi fedeli, da parecchi conti e baroni, da Sigelgaita e da Boemondo che avevano assistito alla medicazione della profonda ma non pericolosa piaga. Come il duca li vide, comprese subito di che si trattasse.

Ma, messer duca, lo interrompe Sigelgaita, cosa mai di peggiore potrebbe toccare al fratel mio se la sua sorte commettesse alla fortuna delle armi?

Monsignore, mormora dimessamente l'abate di Cluny, io non saprei con questi patti quali accordi potessi ottenere. Peggio per voi, messere. Non pigliate equivoco però sulle parole, perchè noi non diamo, dimandiamo accomodamenti, ma leggi e leggi quali più umane possono dettare i vincitori ai vinti. A questo stremo non è ancor giunto mio fratello, messer duca, ripete disdegnosa Sigelgaita.

Ma che domine ci entra codesto con Alberada, la gelosia, Sigelgaita, il diavolo e le sua corna? dimanda Gisulfo impaziente. Prego la vostra cortesia di udirmi, continua l'abate.