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Mille pupille e vedove in tal guisa da tirannia levai, da mendicume. A non poter trar fuori, or son ridotto un da me battezzato, d'un casotto. Giudici miei, non siate addormentati; delle leggi si fanno iniqui abusi da una caterva d'uomin scellerati: deh! non sedete sonnolenti e ottusi.

Non prendan li mortali il voto a ciancia; siate fedeli, e a ciò far non bieci, come Ieptè a la sua prima mancia; cui più si convenia dicer ‘Mal feci’, che, servando, far peggio; e così stolto ritrovar puoi il gran duca de’ Greci, onde pianse Efigènia il suo bel volto, e pianger di i folli e i savi ch’udir parlar di così fatto cólto.

«E se non m'inganno, parmi che siate fatto per istare più tosto co' secondi che con i primi, e che possa confermarvi di giorno quello che vi dissi di notte, quando in prima v'incontrai. Non conosco le cause per le quali v'ingegnate ingannarmi; ma credete poterlo fare mangiando, o astenendovi in mia presenza dal cibo che poco fa gustavate? Proseguite il pasto, chè per vedere su la mensa starne, od ulive, gi

Io me ne vo a Fulvia e dirò che ará lo attento suo. FANNIO. Adunque, io sarò la serva. RUFFO. Ben sai. Siate in ordine quando a voi tornerò. FANNIO. In un tratto. Ben feci a trovare i panni ancor per me. RUFFO negromante, SAMIA serva. RUFFO. Sin qui la cosa va in modo che li cieli non me l'ariano potuta ordinar meglio. Se Samia è per di arrivata a casa, Fulvia deve aspettarmi.

Andai col presente a Pandora mia amica e intrinseca di Amasia, le narrai i progressi de' vostri amori: come per mezo di Cintio vostro amico siate sposati insieme e come è pregna di voi vicina al parto, e che l'avete fatta chiedere a Pedofilo per moglie, il qual, se ben al principio s'è mostrato alquanto ritrosetto, speravate che presto ve la concederebbe....

AMASIO. Anima mia, perché conosco il vostro amor non da scherzo ma degno d'una persona come voi sète, con le ginocchia del core e dell'anima chine ve ne cerco perdono, pregandovi che siate cosí intiera padrona di me come io tutto mi vi dono per servo.

A lei volevano dare il passo i gentiluomini che le erano venuti compagni; ma ella, mentre un alfiere spiccava il vessillo dalla poppa, si trasse indietro verso un giovane cavaliere, a cui disse con accento di tenerezza: Filippo, siate voi il primo a toccare il suolo di Castiglia, che vi appartiene, come io vi appartengo.

GERASTO. Signor Narticoforo, oh come vi veggio volentieri! NARTICOFORO. Signor Gerasto, oh come opportune advenis! Voi siate gli ben trovati! GERASTO. Signor Narticoforo, di grazia, dite, chi sète voi? NARTICOFORO. Signor Gerasto, di grazia, dite, chi sète voi? PANURGO. Desidererei saper ben prima da voi: sapete chi sia io? GERASTO. Io lo so bene.

Che importa se per quattro anni Tu non hai risposto al mio amore: Mi hai amato, quando Ti dichiarai: «Siate felice!» e avrai cominciato ad amarmi dopo l'addio.

EROTICO. Che si scriva queste parole nel core: che l'amor mio va sempre crescendo di giorno in giorno, come crescono in lei la bellezza e l'onorate sue azioni, e che non è per mancar mai: che non ho tempo di trattenermi con lei, perché corro per rimediare a cosí strano accidente. BALIA. Si duole che molti giorni sono, che non siate venuto a ragionar con lei.