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Ma le Eminenze? Codeste serpi della citt

Ordinariamente la natura dipinge i malvagi con i colori dei serpi, e dell'erbe palustri. L'appellativo verdinegro è di regia origine, e fu circa a quei tempi inventato da Filippo II, il quale in cotesto modo designava l'Escovedo, segretario del suo fratello don Giovanni d'Austria, commettendone la strage a don Antonio Perez suo ministro. «Certo convendr

Uomini fummo, e or siam fatti sterpi: ben dovrebb'esser la tua man piu` pia, se state fossimo anime di serpi>>. Come d'un stizzo verde ch'arso sia da l'un de'capi, che da l'altro geme e cigola per vento che va via, si` de la scheggia rotta usciva insieme parole e sangue; ond'io lasciai la cima cadere, e stetti come l'uom che teme.

«Logiche»... lo sapete?... Si chiamano Logiche, codeste pezzenti che, senza riposo, che senza riprender mai fiato, si misero tosto a parlarmi d'affari, con viperine lingue velocissime, discutendo lunghi contratti di gioia!... Guizzavano le loro lingue, nelle bocche sdentate, guizzavano come serpi!... Oh! il mortale terrore di sentirmele come trivelli nella mia tromba d'Eustachio!

Nostalgia mi cacciò dalla mia nitida casa, ove i fiori in snelle coppe odorano. Ed un guarnello d’operaja indosso mi mise, e al collo un fazzoletto rosso. E son venuta ove le basse fabbriche serpi di fumo snodan dai comignoli; e di cordami e di carbone e d’assi ingombri son gli spiazzi irti di sassi.

Diciamo dunque che il conte Gualandi del Poggio ebbe quel giorno una pregustazione delle beatitudini eterne. Ciò mi dispensa dal parlarvi del pranzo, cosa tutta materiale e non degna di figurare accanto a così eterei godimenti. Del resto, se dovessi raccontarvi minutamente ogni cosa, ci avrei materia per un altro volume. E badiamo, le cose lunghe diventan serpi.

Spose od amanti, il talamo E la tomba d'amore! La noja o l'amicizia Lo sùrrogan nel cuore.... Il Piacer, che n'è figlio, Come l'Ebrëo Errante, Con ardore incessante Cerca novelle forme! Taide, tu sola, vittima Degli umani disprezzi, Ai tristi che ti insultano Rendi lagrime e vezzi, Chè le fanciulle povere Dal sangue ardente e buone, Perdendo un'illusione Non si mutano in serpi!

ne' tante pestilenzie ne' si` ree mostro` gia` mai con tutta l'Etiopia ne' con cio` che di sopra al Mar Rosso ee. Tra questa cruda e tristissima copia correan genti nude e spaventate, sanza sperar pertugio o elitropia: con serpi le man dietro avean legate; quelle ficcavan per le ren la coda e 'l capo, ed eran dinanzi aggroppate.

Domanda, e sa che son trattati, e quella congiura che mal par che si cuopra. Vide serpi con faccia di donzella, di monetieri e di ladroni l'opra: poi vide bocce rotte di più sorti, ch'era il servir de le misere corti.

Allor porsi la mano un poco avante e colsi un ramicel da un gran pruno; e ’l tronco suo gridò: «Perché mi schiante?». Da che fatto fu poi di sangue bruno, ricominciò a dir: «Perché mi scerpi? non hai tu spirto di pietade alcuno? Uomini fummo, e or siam fatti sterpi: ben dovrebb’ esser la tua man più pia, se state fossimo anime di serpi».