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Con alte grida io t'invito, o Mar tentacolare, o Mar maledetto, a schiacciare sul tuo seno il mio corpo, teso come un grand'arco fatto per scoccar l'odio su bersagli invisibili.

Non si sa se più scellerati i preti e chi li sorregge o più stupido questo miserabile popolo che li soffre nel suo seno e non fulmina, non annienta questi istrumenti del suo servaggio, delle sue miserie e delle sue umiliazioni.

Veramente, prese allora a brontolare, sempre nel suo canto, il Luciani, i maestri dell'arte insegnano come il demonio per ordinario imprima la sua macchia sul seno, o sopra la coscia sinistra; tuttavolta, non essendo astretto a veruna legge, voltatela bocconi, e perlustrate con la solita diligenza la schiena. Ecco... troviamo...

Dopo la brutta sorpresa di Villafranca, coll’anima lacerata da doppia sventura, la perdita del padre e della patria, stupido e sbalordito corse a rifugiarsi in Brianza col figlio per versare in seno dei vecchi parenti la piena delle amarezze. Trovò il nonno colonnello sdegnato contro Napoleone, lo diceva indegno di portare il nome dello zio, censurava aspramente la sua condotta come generale in capo, e come alleato. Diceva che l’atroce massacro di Solferino provava la sua inettitudine come strategico, perchè si poteva vincere senza quella immensa ecatombe, manovrando con tattica avveduta, risparmiando il sangue dei soldati, non precipitandoli come una valanga davanti i cannoni e le baionette del nemico. Ma dopo di aver vinto fermarsi a mezza via! non raggiungere la meta solennemente annunziata! era tale atto militare che non aveva nome. Il colonnello invidiava la sorte del genero suo commilitone, che era morto all’annunzio della fatale notizia, e oramai non sperava più di veder realizzato il bel sogno della sua vita, l’Italia indipendente dagli stranieri. Il vecchio soldato affranto dall’et

La bocca umida, le guance fatte rosee da una mite traspirazione... Ricordava ancora quel seno turgido e candidissimo che si rialzava ad ogni respiro.

Doppo, presa la pezzetta di levante, si dipinse un viso che pareva una mascara modanese: e, poi che si fu lisciata a suo modo, cominciò a mettersi tanti fiori in seno e agli urecchi che la pareva un maggio; e, guardandosi nello specchio e parendole che non campeggiassino a suo modo, forse dieci volte li levò e ripose, tanto che mi venne a noia e me ne partii senza voler vederne la fine.

Rinvolto perciò Venturino, il teneva nascosto al seno, come, una gemma unica che avesse salvata in mano ai ladri; come la sola reliquia con cui potesse redimere la colpa di aver involontariamente gettato in precipizio l'amico, il protettore suo, il salvatore della patria.

Poi con affetto il più vivo si stringeva al seno l’amico Cino.

Mi trovai assiso sulle rovine: la signora del castello era seduta al mio fianco eravamo soli non si udiva una voce, un eco, uno stormire di fronde nella campagna essa, afferrandomi le mani, mi diceva: sono venuta tanto da lontano per rivederti, senti il mio cuore come batte.... senti come batte forte il mio cuore!... tocca la mia fronte e il mio seno: oh! sono assai stanca, ho corso tanto; sono spossata dalla lunga aspettazione.... erano quasi trecento anni che non ti vedeva.

E frugandosi in seno, cavò un foglio, spiegazzato forse in un momento di fiero travaglio; e lo porse a Giuliano. Quel foglio era di don Marco, il quale aveva scritto poche parole, per dire alla signora che si rassegnasse, e che Bianca si sarebbe sposata di quella settimana. Giuliano lesse agrottando le ciglia più e più ad ogni verso; e poi quasi riavutosi dalla sua spossatezza: «Si sposi! urlò balzando in piedi, bello d'ira improvvisa; si sposi pure, e fosse gi