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« Avrei voluto correre a' tuoi piedi e ridomandarti piangendo quella dolce promessa che la mia stupida freddezza t'aveva indotta a ritogliermi. Ma ero povero allora; non avevo più posizione; avevo lasciato tutto per seguirti. Era necessario ch'io mi rifacessi una rendita sufficiente per offrirti il mio appoggio.

Si alzò dal sasso su cui avea preso qualche riposo, e dava un abbraccio alla dolorosa per dividersi ed inoltrare nella vicina chiesetta, ma essa come chi sull'orlo d'un precipizio si aggrappa a quanto le scorre alle mani per sostenersi, forte si avviticchiava a Girani. Ah non fia no ch'io ti abbandoni: io vo' seguirti all'altare, e dividere teco proponimenti e preghiere... I nostri affetti sono puri, saranno forse disaggradevoli in cielo le preci di due cuori che si amano: se meno acerba ne si volgea la fortuna sarebbero voti di felicit

Ed ora, disse Fior d'oro, nell'atto di ripiegare il foglio, sosterrai tu che io non debba seguirti? Vedi, egli vuol chiedermi perdono, non essendo in colpa di nulla. Io, io debbo portargli una parola di riconoscenza per me, con le benedizioni del mio popolo, ch'egli amò tanto, ch'egli avrebbe reso felice, se gli uomini malvagi non ne avessero attraversati i disegni.

E dice «imbianca», per questo vocabolo volendo essi diventar parventi, come paiono le cose bianche e chiare, dove l'oscuritá della notte gli teneva, quasi neri fossero, occulti. «Si drizzan tutti»; percioché, avendo il gambo loro sottile e debole, gli fa il freddo notturno chinare, ma, come il sole punto gli riscalda, tutti si drizzano, «aperti in loro stelo», cioè sopra il gambo loro, «Tal mi fec'io», quale i fioretti, «di mia virtute stanca», per la viltá che m'era nel cuor venuta; «E tanto buono ardire al cuor mi corse», per li conforti di Virgilio, «Ch'io cominciai», a dire, «come persona franca», forte e disposta ad ogni affanno: «O pietosa colei», cioè Beatrice, «che mi soccorse», col sollecitarti, e mandarti a me; «E tu», fosti, «cortese, che ubbidisti tosto Alle vere parole, che ti porse!»; percioché, dove venuto non fossi, io era veramente per perire. «Tu m'hai con disiderio il cuor diposto al venir con le parole tue», cioè con i tuoi ùtili conforti e vere dimostrazioni, «Ch'io son tornato nel primo proposto», cioè di seguirti. «Or va', ch'un sol volere è d'amendue». Non si potrebbe in altra guisa bene andare, se non fosser la guida e 'l guidato in un volere. «Tu duca», quanto è nell'andare, «tu signore», quanto è alla preeminenza e al comandare, «e tu maestro», quanto è al dimostrare; percioché uficio del maestro è il dimostrare la dottrina e il solvere de' dubbi.

Ma mi rammento io, io che ti vidi sparire in quel carrozzone d'albergo, io che mi sentii a un tratto divenuto estraneo a te, solo, abbandonato, perduto, senza saper che fare della mia vita, con la folle tentazione di seguirti ancora, di raggiungerti per afferrarti e portarti via, sotto i suoi occhi, sotto gli occhi dei tuoi figli, dinanzi a tutti; poi col bisogno di fuggire, di non restare più un solo istante in quei luoghi, quella sera, quella notte, la notte della contaminazione....

Finalmente: Non l'ho uccisa io! disse. che l'hai uccisa! Infame! Guarda, guarda quelle lividure!... L'uccidesti come quella tua vecchia governante a Venezia.... Ah egli sapeva!... Tutto io so, continuava egli; avevo consigliato Gabriella a diffidare; come mai si lasciò trascinare a seguirti? In quel momento la porta si aprì.

Io voglio te, che armi la tua sorte per guerra, e il sole di sfidar sei degno: voglio te, per seguirti all’alto segno, o, se tu cada, ne la bella morte. E questa sia precipitosa, come il fiammeggiar d’un bolide notturno; e tu dorma in eterno il taciturno tuo riposo d’eroe fra le mie chiome....