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Cristina, ritta in piedi presso alla finestra, dietro le imposte chiuse, i pugni stretti, i denti serrati, schizzava fiamme dagli occhi. Ogni tanto i suoi nervi scattavano. Una imprecazione smozzicata le usciva dalle labbra rosse come il sangue. Un sasso volò. Poi un altro. Allora ella non ebbe più pace. Voleva affrontare i suoi nemici, faccia a faccia. Don Giorgio, mi lasci andare!

Dall'alto della forca con un braccio potente, Al segnale prefisso, ei ghermiva il paziente; Gli chiudeva la strozza col famoso lacciuolo; Poi, lasciata la vittima, ratto balzava al suolo E, con ambe le mani afferrati i ginocchi, Dava uno strappo... Il misero schizzava in fuori gli occhi Tremava in tutto il corpo; contorceva la faccia; Allungava la lingua; dibatteva le braccia;... Ma era affar d'un istante!... E il popolo plaudiva A lui che così presto d'una persona viva Sapea fare un cadavere!

Paolo era riuscito a far mettere un sequestro sul calice che suo fratello s'impuntava a regalare al Museo piuttosto di venderlo, e Girolamo dal canto suo protestava che il giorno in cui quell'oggetto di arte gli fosse stato portato via avrebbe appiccato il fuoco al negozio... Non lo si riconosceva, Girolamo... Un uomo così mite, così pacifico, che non aveva in vita sua torto un capello a nessuno, adesso schizzava veleno da tutti i pori, non ascoltava consigli di moderazione, rispondeva seccamente alla madre, rispondeva male a lui verso il quale s'era pur mostrato sempre tanto affettuoso; insomma una trasformazione completa, di quelle che non si credono possibili da chi non ne sia testimonio... E come sarebbe andata a finire?... Come sarebbe andata a finire?

Tipico altro sonetto Contra li Giacubini, del Meli, il quale celiando schizzava veleno sopra la Francia e sopra quanti parteggiassero pei nuovi apostoli che da essa partivano e in tutta Europa si diffondevano: L’antichi

Si tingeva baffi e capegli, avendone l'aria di un vecchio Cupido rimpennato e ritinto. Quando parlava, era necessario tenersi alla larga; se no, con la sua lingua impacciata, vi schizzava addosso le bollicine di saliva. Sapeva la storia di tutti, e faceva il gazzettiere nei salotti, dettando anche sonetti e madrigali per ogni occasione, come un vecchio Arcade.

"Per Dio! Strozzai tanti uomini ed ho i sonni tranquilli!" La lampada schizzava bagliori incerti e vaghi Sovra il meditabondo cranio di mastro Spaghi, Il lacciuol, colle mani inerti, sui ginocchi Del boia era caduto. Ei tenea fisi gli occhi Sul laccio e sulle mani... Ma il suo pensier dovea Essere ben lontano. Il vegliardo dicea A fior di labbra: "Rita!... Vent'anni son trascorsi!

A Tecla, quelle parole suonavano piene di mesti presagi, e insieme di dolci promesse. Si appoggiò al tavolino, e cominciò a menare la penna di pollo d'India, sgorbiando certe lettere che un po' le riescivano somiglianti a scorpioni, un po' a girini; e a tratti la penna impuntando come bestia restia, schizzava inchiostro fin sulle dita della signora.

Mentre i diligenti fra i suoi compagni scrivevano le spiegazioni della scienza legale che cascavano dalla bocca sapiente del professore, egli schizzava a tratti di penna la caricatura della parrucca, del naso, del berretto dottorale, della faccia ingrugnata dell'insegnante; mentre avrebbe dovuto studiare il Fabro e svolgere il Digesto, egli studiava il nudo e stringeva più o meno dimestica conoscenza colle modelle.

Ma egli tremava ancora di rivelare il suo segreto; e fino ad opera finita giurò di serbarlo gelosamente. E però volle da Costanzo la promessa che non avrebbe detto mai nulla a persona viva; e il brav'uomo gli tenne parola. Egli intanto, la notte, nel silenzio della cameretta, rileggeva il Goffredo, disegnava, schizzava di nascosto la sua composizione.

Un uomo sulla sessantina svoltò la cantonata ed entrò nella strada; aveva l'ombrello aperto, ma lo teneva appoggiato sulla spalla, con un certo fare incurante, che l'acqua gli schizzava tutta sul viso. Quel viso era dolce ma grave e pensoso: doveva essere qualche scienziato.