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Salutò; passò subito nel salottino attiguo, si mise al piano sfogliando un album di musica classica. Suonava sotto voce, interpretando la musica secondo la disposizione d'animo del momento, cercando e trovando una muta simpatia fra stessa e il suono.

Le camere eran due. La prima, un salottino fatto per l'intimit

Nel salottino d'angolo, con due porte a vetri aperte su 'l giardino, nella penombra dei tendoni abbassati, Lucia leggeva Fogazzaro nel Piccolo Mondo Antico; lo leggeva per la quarta volta e adesso le piaceva ancora più di prima come accade delle cose per davvero belle e care che più si conoscono e più si amano.

Come è abbattuta, come è malata, povera Maria, le disse don Pio, mi permette che le prepari una tazza di thè? Faccia quello che vuole, rispose Maria senza moversi e senza neppur seguire con lo sguardo il principe, che apriva la porta del salottino, e tolto il bricco d'argento da una cantoniera vi accendeva sotto lo spirito.

Benchè fossero appena le undici, la baronessa di Fastalia, passeggiando dalla stanza da letto al salottino, andava a guardare ogni momento l'orologio. Prima del tocco, Andrea Ludovisi non sarebbe certamente venuto, e come erano lunghe, come erano eterne quelle ore d'attesa! Ella presentiva che da quel colloquio sarebbe dipesa la sua felicit

Il principe tornò subito presso Maria e le disse: Quel salottino era destinato a lei; con ogni cura glielo avevo preparato. Nessuna regina ne ha uno simile in un teatro del mondo; non vuol neppur degnarsi di guardarlo?

La visitai due o tre volte quando c'era vostra madre, ma siccome la cara donna era inferma non potei vedere nulla oltre il salottino dove ella stava abitualmente. E la sala vecchia? Non la conosco. E il giardino? Nemmeno. Oh! allora bisogna proprio venire. Orsola non avr

Era contentissima di non aver rimorsi e il Vharè non lo voleva più vedere, sentiva che non lo amava più. No, no; non voleva più saperne di sotterfugi: aveva avuto troppa paura. Sentiva ancora, come in quel malaugurato venerdì, i passi di Giorgio, quando si avvicinava al salottino: Dio, Dio! Che angoscia!... che momento terribile...

Quella notte non dormii affatto e la mattina seguente fui il primo a entrar nel salottino attiguo alla sala da pranzo dove gli inglesi scendevano fra le sette e le nove a prendere il thè. Mi era venuto nella notte il dubbio che la dolce voce appartenesse ad una signora che avevo veduto per la prima volta il giorno innanzi, e che era discesa a pranzo con l'altra dal profumo di rose.

È vero. Ho bisogno di parlarle mi aveva detto sotto voce. E con la scusa di mostrarmi un idolo giapponese, regalo di suo fratello alla mamma, arrivato da Lione il giorno avanti, mi aveva condotto nello strano salottino, dove quei piccoli lumi con globi a colore diffondevano fantastica luce attorno all'idolo istallato in un angolo su una specie d'altare. Sono stata troppo dura e inconsiderata con voi disse. Volevo chiedervene scusa per lettera da Kiel; me n'è mancato il coraggio. Eccesso di delicatezza da parte vostra risposi. Lasciatemi parlare continuò. Avevate ragione. Allorchè una donna dice a un uomo quel che io ho osato di dire a voi l'altra volta, merita anche una risposta peggiore di quella che voi mi dèste.... Ma io ero turbata da un'illusione; credevo che il mio contegno v'impedisse di aprirmi l'animo vostro, e pensai di porgervi un mezzo per vincere il ritegno che vi faceva indugiare. Mi attendeva uno scatto.... Invece, voi foste glaciale, riserbatissimo. Quando, il mercoledì appresso, gi