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I primi dunque che uscirono (furono alcuni fanti ben armati) bisognò che fra quelle tenebre e quel nebbione andasser quasi con le mani e co’ piedi per esplorar la via, e indicarla ciascuno a chi dietro veniva; finchè aiutati da certe guide non ebber raccapezzato il sentiero. Venivano poi alcuni della cavallata con alla testa il capitan messer Fredi: poi i muli carichi di salmerie, di attrezzi guerreschi, di grandi casse e di viveri quanti potevansi trasportare. Seguivano gli altri cavalieri e capitani: quindi il Vergiolesi, la sua Selvaggia e il capitan de Reali: necessariamente per quelle straducole a uno a uno; se non che il cavallo di Selvaggia, per ordine di messer Lippo era retto a mano da Guidotto, il suo fido e robusto scudiero. In ultimo altri militi a piedi e a cavallo e lancieri e frombolieri, il cui numero per afforzar la Sambuca si era molto accresciuto. Costoro, com’avevan avuto ordine, se ne andavano a drappelli a qualche distanza; in orecchie, e pronti sempre se il nemico desse pur pure un sentore di volerli inseguire. Così, in quel silenzio e fra quelle tenebre, il più piccol rumore, gli ultimi in ispecie, li faceva arrestare e l’insospettiva. Varcato finalmente il giogo della Castellina e giunti ai così detti Lagoni dove sorge l’Ombrone; avanzatisi ancora, dopo circa cinque miglia di difficile faticoso viaggio, eran gi

Subito dopo fu, senza contrasti, determinato che Gian Giacomo quel giorno stesso farebbe stendere un quadro numerizzato di tutte le armi e le salmerie che si trovavano nel Castello che dovevano passare, com'era convenuto, in propriet

Galeotto, cresciuto mirabilmente d'ardire, disegnò tosto in cuor suo una bellissima impresa; che era quella di andare egli in persona a tentare un colpo su Noli, per togliere quel fortissimo luogo alla protezione dei Genovesi e in pari tempo impedir loro la ritirata, e intercettare le salmerie.

Comandò si ponessero sopra i carri le artiglierie, si tenessero preparati in duplice numero cavalli e buoi pel traino di quelle, delle bagaglie e delle salmerie; ed i soldati si ponessero in armi sul far della sera.

Partiti dalla casa Bonfanti percorsero la strada che fiancheggia il paese ingombra di salmerie e soldati austriaci, e con qual cuore vedesse il Generale così da vicino questa nuova miseria della patria non è da dire. Arrivarono a Colle in giorno di straordinaria affluenza di popolo, e il Montereggi, per assicurare l'esito del viaggio, che sapeva lungo e faticoso, pensò di cambiare il suo cavallo con una cavalla di migliore lena colla quale un suo fratello aveva portati la mattina stessa alcuni passeggeri a Colle . Il Montereggi rammenta con espansione anche oggidì la sua Chiocciail nome della cavalla) e dice che poche bestie sarebbero state buone di fare quanto fu da lei fatto in quella giornata. Per il ricambio del cavallo si fermarono nella via principale di Colle ad una locanda ove il vetturino sapeva di trovare il fratello . Era la strada per la straordinaria occorrenza di festa ingombra di popolo, e vi si aggiravano spessi i gendarmi del Governo granducale. Durante il cambio dei cavalli scesero i due viaggiatori dalla vettura, e col modo di persone che non hanno nulla da temere, stavano in mezzo a tanta gente paesana, e sbirraglia lorenese, quasi fosse per essi la cosa più naturale. Ripartirono subito da Colle, e passando per il Castelletto di San Gemignano, pervennero circa alle 3 pomeridiane al di sotto di Volterra senza entrare in citt

Quel giorno, finita la passione di G. C., avrebbe cercato una spiegazione a quello stupidaccio d'un caporale, buono ad ammazzar mosche e ad ungere i carri delle salmerie. Su l'uscio del palco scenico lo attendeva il suggeritore, pronto gi

Indi a poco a poco si spiccò la squadra d'ulani condotta dal barone, e presero la via verso mezzogiorno a di scorgitori; e dietro i fanti, e dopo questi le artiglierie, portate a dorso di muli; da ultimo salmerie, monelli e cani, tutti misurando l'andatura al suono guerriero di pifferi e di tamburi.

Si va a vedere, seguendo le nostre salmerie. Il luogo è adatto e grazioso; una selvetta che par pettinata mezz'ora prima dalla madre natura, tutta a masse ben distribuite, tutta viali, sentieri, redole, andirivieni, che paion tracciati a disegno. Fatti un cento di passi, ecco una bella radura, con una fontana nel fondo, certamente più alta di tutte quelle che danno origine al fiume. Sgorga l'acqua da un fiorellino, tra ciuffi di felci e capelveneri; zampilla, gorgoglia, sussurra per un po' di cammino fra i sassi, andando a far lago in una buca di forse due metri, che s'è scavata nella zolla del prato; donde poi straripa e scivola a valle, immollando per un buon tratto il terreno. Acqua limpida e fredda, dove la signorina Wilson è gi

Presto, in macchina, e avanti! Cimadolcino è tutta bombardata, deserta. Un plotone di cavalleria che l'attraversa con noi unisce i suoi nitriti e lo scalpitare degli zoccoli ai rombi dei motori e allo stridore delle blindature. Polifonia che fa vibrare le case in rovina tutte smobiliate, squartate, slabbrate, disossate. Gli austriaci hanno portato via tutte le travi. Fortunatamente i muli di queste salmerie di bersaglieri sono carichi di legna. Strappiamo qua e l