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Sconciamente ruzzolarono, uomo e cavallo. I mantellieri accorsero, accerchiando il toro con uno sventolìo di cappe, mentr’esso gi

Lo seppero i carri della spazzatura, che più volte ruzzolarono, con grande frastuono, giù per la via Carlo Felice, portando in trionfo qualche Pollione, o qualche conte di Luna, costretto la sera di poi ad omettere la sua cavatina.

Di nuovo aggrottò le ciglia, ficcò due dita nella tasca, ne tirò fuori lentamente il fazzoletto impregnato di acqua, di Colonia, dietro al quale schizzarono via, e ruzzolarono in terra un porta-sigarette d'argento ed un ritratto di donna. Che roba è? ripetè la madre con una intonazione. Roba mia. Roba mia esclamò il giovanotto arditamente. Roba mia.

Ugo venne nella corte. Tutto era buio, e poco mancò non inciampasse e fosse trucidato. L'unico luogo che fosse illuminato da una fiaccola era l'androne della porta: Ugo vi si diresse, cogli occhi invano cercando un'arma qualunque: vide aperto il portone e calato il ponte, come era stato fatto per preparare la fuga a Bonello nel caso di colpo fallito, o per preparare il peggio. Ad un camerotto si affacciarono gridando dieci o dodici uomini, e minacciando. Ugo ne atterrò due in un baleno, ma, mentre stava per strappare loro la spada, eccogli vicinissimo quel grido di condanna: Ho giurato! Ugo, abbrividendo, si scagliò contro Bonello, e in un fascio tutt'e due stramazzarono sul ponte, e ruzzolarono innanzi sette od otto passi, che dalla tavola di legno vennero al ciglione del fossato. Bonello tentava di adoperare il pugnale, ma sotto la stretta del signore non poteva: la lotta divenne accanita per le percosse menate alla cieca. Alla fine Ugo abbrancò il pugnale. Bonello si svincolò, sorse, e prese a fuggire giù da una stradetta. Ugo corse, corse, giù, a fiaccacollo per balze, giù, perdette la traccia dell'altro, precipitò, e cadde rotoloni.... Non ascoltò più.... Quando si drizzò gridando: Voglio tornare al mio castello! ascoltò dietro, all'insù, gi

«Son esse, che corrono! Odo il loro rumore di vivente ferraglia arrugginita... Son esse: le Campane a stormo del Rimorso, povere martiri squartate, che rimasero lungamente inchiodate sulle croci dei campanili, e che una sera dall'alto ruzzolarono giù, coi cauti parafulmini e le piagnucolose banderuole dei tetti. Ah! Ah! sul mio passaggio, udii appena il frastuono delle campane, risonanti di spavento, lanciate a volo come casseruole d'oro dalle finestre d'una cucina imperiale incendiata!... Le r