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Rifacciamo un po' di cammino, tornando al luogo della battaglia. Lasciammo Ugo, sbalestrato a terra, vicino alla pozza d'acqua, stordito ed ammaccato. Quand'egli ebbe levata la persona e guardato intorno nel bosco folto ed altissimo, vide fanti e cavalli fuggenti per ogni direzione. Non scorse però Ildebrandino Oberto che volavano a Rupemala per un cammino assai basso e nascosto. Il dolore dell'anima in Ugo la vinse sui dolori del corpo, perch'egli disperatissimo si diede per riannodare tutta quella gente scompigliata, ma invano. Gridavano in cento: Oh quanti morti! Sar

Ugo s'involò dal portone: e nulla a Rupemala si seppe di lui. Il dopo, continuando l'incendio, per quanti sforzi si fossero usati a vincerlo, Ildebrandino decise risolutamente di resistere ad Adalberto, contendendogli mattone per mattone dell'irreparabile ruina: e disse ad Oberto: Qui dobbiamo morire con esempio non unico certo nella nostra famiglia.

Io fuggivo alla valle sorrise Imilda: per te! Che ti dissi? Non dobbiamo vederci più! Se muoio, tu non devi saperlo: se vivo, ho un giuramento a compiere! Ti supplico: fuggimi! Ed Ugo, rizzatosi, spingeva Imilda su quella stessa stradicciuola per cui Oberto doveva venire, e veniva, per condurre a Rupemala la sposa a vedere il padre per l'ultima volta: Fuggimi! Tu non sai che cosa ho pensato di te!

E con quel tale io la compirò! comandò lo zio: Vi faccio cavaliere d'arme! Voi sarete tanto valente che sbatterete la testa di Adalberto sul ponte di Rupemala a orrendo giuoco dei mastini! e così proclamando in atto di solenne promessa volse il capo nella direzione del suo castello.

Dunque, messeri, comandò il capo dell'impresa: fra quattro ore a Rupemala. Non ho cavalli grami! incioccò i denti Aginaldo. Non dico questo: ne è caso vi offendiate. Ad andare al vostro un'ora, a rassegnare le armi e i vassalli un'ora e mezza, un'altra e mezza dal vostro castello a Rupemala, o forse manco, perchè le vostre scuderie hanno tanta rinomanza quanto il vostro valore.

Tanto da poter proclamare solennemente, al primo armeggiamento festoso, che il cavaliero di Rupemala, quello di Roccanera, e messere della curte di santo Uperto, sono fregiati di cortesìa cavalieresca. Dico vero? Verissimo, Guidello.

Conducete il prigioniero a Rupemala aggiunse Ugo: e fatelo guardare.

L'eremita era lontanissimo, oltre la valle del Pelice, nella valle del Chiusone, sul Malandaggio, tra le Porte e il Villaro. In questi pensieri, smarrita ogni traccia di sentiero, errò tutta la notte.... Torniamo a Rupemala.

Così fu contento anche messer Aginaldo. E si separarono. Primo a mettere il piede sul ponte di Rupemala fu Ugo. Aveva tanto osato e tanto ottenuto in quel giorno, che per ambizione audace, tentava di cancellarsi dalla mente la memoria del padre e della madre, lanciandosi colla fantasìa in un combattimento vittorioso, per fare tutta sua la gloria dell'impresa. Quei fantasmi gli rubavano!

E Imilda? Ritorniamo a Rupemala. Imilda, in quel momento in cui Ugo aveva riso, senza più una coscienza al mondo, fu afferrata e salvata da Oberto, spinta fuori della cappella.