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Ma neppure a questo volle por mente il signor Roscoe; sicché pare a noi che, s'egli, piuttosto che toccarla troppo leggermente, avesse schivata affatto questa disputa, non sarebbe stato male.

Ma, se ci è lecito di contraddire, risponderemo al signor Roscoe che la specie umana va presa in totale, e che se Roma non è piú la Roma di un tempo, l'universo presente non è piú il barbaro universo di venti secoli fa.

Se non che il signor Roscoe, avvicinandosi co' suoi princípi astratti qualche linea di piú al concreto, e volgendo la sua mira alla condizione vera ed attuale de' popoli d'Europa, stabilisce come assioma che il libero esercizio delle forze intellettuali non è creduto mai pericoloso da que' governi, i quali, qualunque sia la loro forma nominale, sanno d'essere forti della opinione pubblica.

Il nome del signor Roscoe dovrebbe, pare a noi, suonar caro all'anima d'ogni italiano quanto quello d'un nostro compatriota.

Ma, grazie a Dio, il vero amor della patria è tutt'altra cosa; ed il signor Sismondi, come illustratore dei fasti dell'Italia, vivrá sempre nella piena riconoscenza dei veri italiani. E di siffatta riconoscenza avrá la sua parte, benché in proporzione minore, anche il signor Roscoe. Il tema scelto a trattare dal signor Roscoe nel discorso che oggi annunziamo è assai vasto.

Se intorno alle guise di acquistare stato tra lui e Alessandro VI corresse divario può giudicarlo il lettore: costituitosi giudice tra Giampaolo e Gentile Baglioni, Lione cita il primo a comparire in Roma; quegli subodorando il capestro si finge infermo, e manda in sua vece il figliuolo Malatesta, il quale con oneste accoglienze accarezzato pure come procuratore del padre non si accetta; Giampaolo tentenna, ma confortato dal genero Cammillo Orsini, e da altri baroni romani, ottenuto salvacondotto papale, di mala voglia va; incauto! quanto valesse il salvacondotto del papa lo aveva pure a sapere! Lione sentendolo prossimo a Roma si reca a stanza in Castello; quivi lo accoglie, lo sostiene, e lo ammazza. Colpe al tradito apposero molte, anzi infinite, e forse ne aveva oltre al dovere; ma talune (delle quali si menò maggiore strepito) in Roma si avevano per vezzi; causa vera fu, che Giampagolo si era mostrato sempre parziale al Duca di Urbino, torbido, e cupido di dominio, insomma tale che parve al Papa non potere starsi sicuro finchè vivesse. La strage proditoria del Papa pensarono i Fiorentini più tardi imponesse al figlio il debito della vendetta, sicchè non ultima fu questa considerazione per eleggere Malatesta capitano generale; allora Macchiavelli era morto, pure aveva lasciato scritto come gli uomini, almeno allora, il sangue paterno più agevolmente perdonassero della perdita del patrimonio; peccato fu, che i Fiorentini se lo dimenticassero. Dopo il Baglioni mandò Giovanni dei Medici contro il Freducci diventato signore di Fermo; lui avventuroso, che morì da soldato sopraffatto da fanti e cavalli in numero venti volte maggiore del suo! i minori tiranni atterriti, sbandandosi riparano in questa parte, e in quella: taluni fiduciosi della misericordia del Papa si ridussero a Roma, e la ottennero; dopo che la tortura ebbe loro stracciate le membra, patirono morte di corda l'Amedei tiranno di Recanati, Zibicchio di Fabbriano, e Severiani di Benevento. Il Roscoe solenne encomiatore di Lione siffatti gesti del suo eroe non potendo giustificare, li tace; però non dissimula quello, o piuttosto quelli che il Papa dabbene commise a danno di Alfonso d'Este, il quale comunque sortito all'onore di portare il gonfalone della Chiesa alla incoronazione di lui non andò immune dall'assalto proditorio delle milizie papaline, mentre giaceva infermo, della vita in forse, e il fratello Ippolito si trovava in Ungheria; e ne sarebbe rimasto oppresso di certo, se di opportuno aiuto non lo sovveniva Federigo duca di Mantova. Andate a vuoto queste prime insidie Lione tornò alle benevolenze consuete fra le persone più care, e queste non tolsero, che da capo non gli tramasse contro il tradimento corrompendogli Ridolfelle capitano delle sue guardie, che per danari promise ammazzare il Duca, e consegnare una porta al nemico; ma costui o buono in tutto, o subdolo tenne il trattato doppio e svelò ogni cosa al Duca. Il Sismondi afferma due cose, che al paragone io non rinvenni esatte, la prima delle quali è, che secondo lui il Muratori afferma avere letto il processo compilato intorno a questo misfatto; ora di ciò è niente; il Muratori dice, che il Duca dopo composto il processo dell'attentato con le deposizioni di alcuni complici e le lettere del protonotaro Gambara ordinatore insieme al Guicciardino di tanta enormit

E pel signor Roscoe era interessantissima cosa il contemplare gli studi anche da questo lato ed il fermarvisi molto, massime recitando il suo discorso in Liverpool, cittá, come tutti sanno, piena zeppa di mercanti. |Grisostomo|. On the origin and vicissitudes of literature, science and art ecc. ecc.

Tacqui dunque e impresi io stesso la difficile scelta delle varianti e la correzione ortografica del testo. Feci quel lavoro quanto più coscienziosamente mi fu possibile e tremante d'essere per desiderio di sollecitudine irriverente al genio di Dante e all'ingegno di Foscolo. Consultai religiosamente i due codici ignoti all'Italia di Mazzucchelli e di Roscoe.

O sia perché la brevitá de' confini assegnati ad una orazione accademica non bastassero all'ampiezza dell'argomento, o sia perché il signor Roscoe proporzionasse la sua dialettica ad una udienza forse intollerante di severe meditazioni, nel discorso di lui ci parve di trovare qua e alcuni tratti di certa superficiale declamazione, che non contenta pienamente il pensatore.

E però, seguendo l'intendimento de' buoni, suggeriamo con ingenua persuasione agl'italiani di leggere il discorso fatto dal signor Guglielmo Roscoe all'Instituto reale di Liverpool; discorso che appunto è indirizzato a raccomandare la propagazione de' lumi in tutte le classi de' cittadini, siccome mezzo di prosperitá nazionale.