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Poi mi parea che, poi rotata un poco, terribil come folgor discendesse, e me rapisse suso infino al foco. Ivi parea che ella e io ardesse; e si` lo 'ncendio imaginato cosse, che convenne che 'l sonno si rompesse. Non altrimenti Achille si riscosse, li occhi svegliati rivolgendo in giro e non sappiendo la` dove si fosse,

Ma chi sono queste personerivolgendo la sua domanda soprattutto allo zio Giacomo, il quale, del resto, non comprendendo una parola d'inglese, gli sorrideva, rispondendo: «YesVerso sera la piccola Nancy, eccitata e piangente, dovette essere mandata a letto; e anche la signora Avory si ritirò col mal di capo.

grida, e di grande ira arso le vene Scocca il fiero quadrel con studio intenso, Che trasvolando va l'aure serene, Rivolgendo al suo suono il popol denso; E finalmente al grande Ispan perviene; tanto valse de lo scudo immenso Il terso acciaro e l'interzate cuoia, Che di quel colpo il cavalier non muoia.

Il Marchesino rese grazie al Capitano, e comandò a' barcaiuoli retrocedessero a Como. "Chi sa se mai più vi ritorno!" esclamò la Contessina rivolgendo lo sguardo al battello da cui s'erano appena scostati.

Quando al Lautrec fu annunziato chi era venuto in palazzo per parlargli, ne fa così maravigliato, che non sapeva cosa pensare. Uscì però di fretta delle sue camere, e venne in quella dov'era stato condotto il Palavicino. Neppure questa volta seppe dominare quell'avversione invincibile che provava vedendo colui, e gli prestò orecchio rivolgendo altrove lo sguardo.

Spinello pensò che egli fosse l'architetto, oppure uno dei massari della nuova chiesa. Il vecchio cavaliere si avvicinò bel bello ai due giovani, e rivolgendo il discorso a Tuccio di Credi, gli disse: Forse vi occorre qualche cosa, messeri? No; rispose Tuccio di Credi, ammiccandogli; eravamo entrati per osservar le pitture; ma non ne vediamo traccia.

Se il cor mi si turba In me rivolgendo Che i giorni tuoi santi S'estinser, gemendo; Che giovin peristi In lungo patir; Io scerno che il pianto Mi tergi e sorridi! Io scerno che al cielo Ne inviti, ne guidi! Io t'odo che appelli Felice il martìr! Ell'era di quelle Serafiche menti, Vissute nel mondo Sublimi, innocenti, Amando, pregando, Chiamando a virtù.

Damiano, frattanto, in mezzo a quello stuolo di donne, aveva adocchiata la sua. Dico la sua, perchè ogni uomo crede di doverla trovare, nel numero. E qualche volta, per tema d’ingannarsi, ne prende più d’una. Affrettiamoci a dire, per onor di Damiano, ch’egli ne prese una sola; anzi meglio, non la prese per mano, la scelse a occhio, rivolgendo a lei tutta la sua attenzione.

Era, lo sapete, tutto ciò ch’egli sapesse dire, rivolgendo il discorso a donna Beatrice; tanto che un giorno la bella dama spazientita gli aveva risposto: «non sapete voi dirmi altro, don CristovalMa per quella volta la bella dama non gli disse così; anzi, non gli disse nulla di nulla. Gli porse in quella vece la mano.

sia gloria altrui se la sua lira suona aver le sacre Muse al cantar pronte; cinga altrui Febo la felice fronte de la fronde, che mai non l'abbandona; altri si vanti che benigna e lieta stella, a lui rivolgendo il suo splendore, a questa luce il fece uscir poeta; il mio Parnaso, il mio perpetuo umore, le mie Dive, il mio Apollo e 'l mio pianeta, è 'l valor vostro impresso nel mio core.