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Egli si premè tra le mani la fronte scottante; poi, levatosi, si appressò al finestrino, col petto oppresso, il respiro mozzato dall'aria ormai greve della cabina, avido di ristorarsi al soffio della notte. Restò invaso dallo stupore alzando la tenda: albeggiava, il cielo impallidiva sulla terra ancora avvolta nell'ombra, le masse vegetali si profilavano dense e nere sul lividore dell'orizzonte. Oltre la linea della siepe fuggente e stormente al soffio impetuoso prodotto dalla corsa del treno, i campi rigati dai solchi delle piantagioni, pezzati dalle culture, divisi dai fossi; i casolari vigilati dagli alberi d'alto fusto, nel mezzo dei chiusi, dormivano ancora, parevano abbandonati, deserti, senza forme viventi, senza chiarori alle finestre, senza fumi ai comignoli: solo nelle profondit

La stella di Giuliano è tramontata. Egli non ha che pochi giorni di vita, e son giorni di ansie terribili, glorificati da un eroismo che nella sventura giganteggia. Le guide lo tradiscono, e l’esercito erra senza direzione. La sua posizione è resa gravissima dalla condotta del nemico. I Persiani, veduto l’errore di Giuliano che si era, da stesso, privato della sua base d’operazione, si guardan bene dal venire a nuova battaglia, ma sistematicamente si accingono ad incendiare ed a distruggere le erbe ed il grano delle regioni circostanti, così da affamare l’esercito romano, il quale soffriva insieme pel calore eccessivo, per le morsicature degli insetti e per la piena delle acque¹⁴⁷. Non giungendo gli aspettati aiuti dall’Armenia, Giuliano, vedendo impossibile mantenere il suo proposito, si risolve di ritirarsi piegando al Nord, per modo da raggiungere paesi più temperati, che avrebbero offerto all’esercito il necessario sostentamento. La marcia dei Romani procede per alcuni giorni difficilmente, in un paese devastato, disturbata continuamente dai Persiani che attaccano la retroguardia o i drappelli isolati. L’esercito del re Sapore segue ormai da presso i Romani in ritirata, e l’enorme polverio che si solleva all’orizzonte è indizio della sua presenza. Finalmente, nel piano di Maranga, si viene a battaglia¹⁴⁸. È bello leggere in Ammiano, che assisteva alla battaglia, la descrizione dell’esercito persiano, in cui si trovavano due figli del re e molti satrapi, delle armature meravigliose, degli arcieri infallibili, degli elefanti spaventosi. Davanti a questo pauroso spettacolo, Giuliano riacquista tutta la sua prontezza di spirito e l’audacia sicura del concitato imperio. Per impedire ai famosi arcieri persiani di far strage da lontano dei suoi soldati, raccoglie in un denso nucleo gli invincibili fantaccini di Roma e della Gallia, e fa una carica a fondo sulla fronte del nemico che non sostiene l’urto e si volge in fuga, lasciando il terreno coperto di morti. Una grande vittoria, ma una vittoria inutile. Pei tre giorni consecutivi l’esercito di Giuliano sta tranquillo negli accampamenti, per ristorarsi e curar le ferite. Nella notte del terzo giorno, Giuliano, che partecipava a tutti gli stenti dei suoi soldati, si alza dal duro giaciglio. Come al solito

Per un uscio aperto si vedeva apparecchiata la mensa nella sala contigua, e le vivande imbandite; per ciò il Morone avea compreso che, per l'eccessiva agitazione, la duchessa non aveva potuto toccar cibo, e assumendo la leggerezza dello scherzo, la confortò a ristorarsi. Ella non rispose parola, soltanto volgendosi al Palavicino gli disse qualche gentilezza, a cui esso si sforzò di corrispondere. Di quando in quando però, anche sulla faccia della duchessa Elena, si vedevano passare dei lugubri pensieri. Le nozze imminenti le richiamavano le prime, poi le seconde che s'erano tanto terribilmente interrotte; gl'insistenti rimorsi, come da lontano, facevano sentire la loro voce; il timore del Lautrec tornava a spaventarla. Il Morone s'accorgeva di questi nuvoli tanto naturali del resto in un giorno di nozze, ed aveva sempre timore del Palavicino; e per ciò: Senti, Manfredo, gli disse; tu faresti ottimamente a recarti adesso a casa tua. Ci voglion piume di perle nel berretto, ci vuol farsetto di raso bianco e candide maglie. Dopo, potrai andare difilato a s. Giovanni Laterano. Tutte queste persone, di cui ora senti il mormorio nella gran sala, a momenti, facendo corteggio alla duchessa, si trasferiranno anch'esse col

Ciò udendo, Bruzio, avido dell'oro, cavalcò a Milano, fu dal padre, e inginocchiatosegli davanti, gli chiese grazia pel delinquente, mostrandogli come egli potrebbe così ristorarsi della sua povert

Trafelati però e infiacchiti dal disagio e dal caldo, dopo essere stati per tante ore a cavallo, veduta l’insegna d’un’osteria, non parve vero a ciascuno di farvi alto, e prender di nuovo da ristorarsi.

Gran gente, quei conti di Lavagna! Disputata un pezzo al Comune di Genova la terra onde traevano il titolo maggiore e più caro, vedutosi fabbricare all'incontro, nel 1167, il castello di Chiavari, indi a trentun anno cedevano quel feudo invidiato, diventando nobili genovesi, e ben presto una delle quattro grandi famiglie potenti e prepotenti della Repubblica. Ricchi di capitani e d'ammiragli, come di cardinali e di papi, ora ripigliavano le terre perdute, ora altre ne acquistavano, a ristorarsi dei danni. Al tempo di cui raccontiamo, erano gi

Stringeano quei lamenti a compassione il pio, e come conobbe costei essere la Marcellina di cui aveagli sovente discorso Girani, ne sentì maggior doglia, sollevò la misera e ne raccolse fra le braccia il vecchio padre. Scoprendo l'acerba angoscia che soffocava la fanciulla le dava miti accenti e consigliavale di ristorarsi, ma ella nulla udìa, e solo con largo pianto il richiamava a piet

Lui, Sennacheribbo, inferraiolato anche lui, si sdraiò anche lui per le terre in disparte ed avrebbe voluto sonnecchiare e ristorarsi: ma che? Non gli riusciva di chiuder occhio. Il sangue bollente gli scorreva impetuosamente nelle vene, come metallo fuso ne' canaletti, pe' quali si dirama nel gettarsi una statua. Le arterie delle tempie gli pulsavano audibilmente al pensiero, che donna Rosmunda, per iniquo tradimento, trovavasi in balìa, in potest

Aveano rotelle in luogo di scudi, e scimitarre. Mentre l'esercito persiano dopo le prime vittorie attese nel verno a ristorarsi, Uzunhasan spedì un nuovo oratore a Venezia, il quale vi giunse per la via di Cipro nel mese di febbraio 1473, e recò la notizia della presa di Malatiah all'ovest dell'Eufrate, e dell'assedio di Bir .

Ciò detto, ricusata ogni altra compagnia, camminò verso la sua dimora, pregando gentilmente Rogiero a volervi accettare l'ospizio per quella notte. Rogiero, non che accettare il prego, avrebbe pregato egli stesso, tanto era il diletto che ricavava dalla presenza di Ghino, e più il bisogno che sentiva di ristorarsi. Andò pertanto volenteroso con lui; e si misero dentro a certi intricati viottoli della foresta, pei quali ogni uomo che non ne fosse stato ben pratico sarebbesi certamente smarrito. Lasciamoli andare, chè Ghino ne conosce la via, e mener