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La sera sul tardi escono assieme, vanno all'Acquasola. Qui diede in un riso sguaiato. Una bella coppia.... sai.... Certo rispose Drollino, una bella coppia.... E la Duchessa? continuò Battista se lo sapesse!... Io dico che se lo sa stavolta, gli riprende tutti i soldi che gli ha dato e lo manda al diavolo.... ammenochè.... non si consoli. Come?... Eh, diamine! facendo altrettanto.

Quando bene potei osservare le sue labbra, il suo riso, i denti limpidi, gli occhi fatti a mandorla, più non mi rimase alcun dubbio: quella era Pastora Imperio.

Bravo! esclamò il sottoprefetto, accompagnando la parola con un riso sardonico. Lei è un felice borghese. Ma io sono un ufficiale del governo, uno di quei poveri soldati del dovere, che vegliano alla sicurezza e alla tranquillit

«Oggi ancora libri; ma questa volta sono accompagnati da un cartoncino come quelli che adoperano i negozianti per diffondere il loro indirizzo: c'è su il nostro stemma, miniato perfettamente, e poi una scritta che dice così: Libreria internazionale di Luigi d'Arda, Fornitore di Sua Grazia la Marchesina Fiorenza Albizzoni-Vivaldi.... Come ha riso il babbo! «Aspettiamo la fattura!...» gli ha detto, continuando lo scherzo; e il conte, serio serio: «La nostra casa regola i conti a fin d'anno

Mentre i' bramo e 'nsieme tremo vederlo, piú s'arretra la speranza quanto l'ardor piú cresce col desio. Però di quella omai poco m'avanza; e pur s'un riso vostro aver poss'io, resorto fia da voi sul punto estremo. «Amatoria contagio facile fit et gravissima omnium pestis evadit». MARSIL.

Ma ben più avrebbe riso la corte di messere Corrado, se avesse saputo in qual modo l’antico falconiere di Ugo rispondesse al nobile ufficio di successore.

34 Fra il suon d'argute trombe e di canore pifare e d'ogni musica armonia, fra riso e plauso, iubilo e favore del populo ch'a pena vi capia, smontò al palazzo il magno imperatore, ove più giorni quella compagnia con torniamenti, personaggi e farse, danze e conviti attese a dilettarse.

La Gilda, pallida, scarmigliata, noncurante di loro, stava acchiocciolata presso un cadavere. Invano la chiamarono per nome, la scossero, la incalzarono colle dimande; li guatava attonita, senza risponder parola; componeva le labbra ad un riso melenso; indi tornava a guardare il cadavere.

Mamma Tecla, mamma Tecla, dite... e Zelmira? La vita manca ad ogn'istante alla mia povera figliuola. Poveretta! se la vedeste! pare un cero; pallida, dimagrata, sparuta, sorride con un riso angelico e foriero di morte! Povera Zelmira mia! presto, pur troppo, mi sarai tolta! e allora non ti vedrò più!

Pensò alla Giulia, al suo fiero rimprovero, a quella nota di sarcasmo così pungente, alla figura ridicola ch'egli ci aveva fatto... e l'immagine della bella fanciulla gli era sempre viva dinanzi agli occhi. Sentiva ancora il calore del suo corpo; vedeva il riso della bocca umida, giovane coi suoi dentini che apparivano sfacciati fra le labbra rosse.