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E queste reggo e tutte l'altre; ch'elle di m'hanno governo e scettro dato: così daranno a qualunque altro arrida Fortuna , che la decina ancida.

Furente, ella fa l’atto di prendere per le spalle la cognata che si scosta, bianca piuttosto come una larva che come una creatura. Mortella. Non mi toccare. Bada! Toccheresti la morte. Giana. Di’ tutto, dunque. Parla! Voglio. Mortella. Mi reggo la mascella, non il cuore. Con l’ospite... La voce le si dirompe nel gran tremito. Giana. Ebbene? Mortella. Con l’ospite non è di nuovo entrato un amante?

Forse entrando hai sentito qualcuna delle mie parole. Costanza. Non ho sentito che i colpi del mio cuore, figlia. Mortella. Il mio non lo reggo più, tanto è pesante. Costanza. Ma come sei cresciuta! Lascia che ti guardi. Mi sembra che non ti ho fatta così. S’avvicina e la considera, con un’attenzione trepidante.

Hai provato dolore? Io non reggo! Mi decido a mandarti il mio biglietto. Capirai perchè ho tardato? ho guardato il biglietto che mi hai mandato l'anno scorso: mi sono sentito commosso. Tutto il giorno ho studiato, e mi sento stanco: un giorno il mio lavoro lo dedicavo a Te. Ho preparato il mio biglietto per Lidia.

Sciocchi! sciocchi! sciocchi!...... Basta! sia che Dio vuole, io non me ne immischio; Placidia, io me ne vado a letto, che non mi reggo più...!» A quella tirata di Don Apollinare, la signora Maddalena, rimase coll'anima come rannicchiata e timorosa.

È un trattare, scusi il termine, da veri birbanti. E con quella faccia, che pareva l'angelo Gabriele! Senti, disse Don Pietro, rabbruscandosi, non mescolar gli angeli col fango della terra! Oh, scusi, sa! Dicevo così per dire. E dicevi male. Hai piuttosto ragione quando dubiti. Io, per tua norma, non reggo più a mantenere il segreto, e se credi, ne avverto il signor Francesco.

Tullio, Tullio, taci! m'interruppe ella, supplichevole, quasi che le mie parole le facessero male. Soggiunse, sorridendo: Bisogna che tu non mi ubriachi così.... Te lo dicevo, dianzi. Sono tanto debole; sono una povera malata.... Tu mi dai le vertigini. Io non reggo. Vedi come mi hai gi

Perdonami! Ora che vuoi fare? Non so. Che cosa intendi di dirle? Non so. Non sai? No.... ti giuro che non so.... Vattene, vattene. Non reggo più a questo supplizio. Vattene. Ho tanta vergogna di te! RAIMONDO lo bacia ancora, poi esce per la sala da pranzo. lo segue con gli occhi, a lungo. Poi si scuote.

Che cosa ho fatto per meritarmi tanto castigo? Mio Dio, la mia fede era tanto gentile e l'anima mia era pura! Martedì 19. Io non reggo più. Ho dormito affannosamente con una smania terribile. Sono l'ultime righe che scrivo. E come se morissi e ricevessi il pane dell'amore di Dio, parlo a tutti dal profondo dell'anima mia. Perdonatemi tutti: sii felice, tu prima di tutti e di tutte, o Carlo.

Ma a un mio morso sussultò tutta tra le mie braccia, arrovesciò il capo e mise un suono inarticolato ch'era invito e promessa, fremito e spasimo di piacere. Andiamo a casa tua! gridai. Non reggo più! Se mia madre si sveglia, mi ammazza! tentò di opporre ella, debolmente. Non si sveglier