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L'autor drammatico. Nessuno, certo, attende qui un'analisi ragionata di quell'opera complessa e varia, coronata di successi clamorosi, provocatrice di aspre battaglie, feconda di tante vive discussioni storiche e artistiche, nella quale dal dramma storico in versi, i «Pezzenti», il «Guido», l'«Agnese», dove la poesia e la fantasia predominavano e la storia non era che fondamento e facciata, Felice Cavallotti passò al grande dramma storico in prosa l'«Alcibiade» e i «Messenj» poggiato sopra una più minuta indagine del tempo e sopra un più profondo studio del vero, per trascorrere poi, con la «Sposa di Menecle», alla commedia intima di soggetto antico, e infine al moderno dramma psicologico, spingendosi fino all'idillio e al proverbio. Il cuore e la ragione insieme si ribellano oggi anche a una critica riverente. A noi basta rammentare che se neppur nel teatro non cercò nuove forme, attenendosi, come voleva la natura del suo ingegno, alla tradizione romantica, sulle traccie di Victor Hugo e dello Schiller, anche nel teatro portò il soffio della sua anima lirica, che tutto riscalda e vivifica, la santa fiamma dell'amor di patria e di libert

Richiesto se avesse avuto piena coscienza del fatto e ne avesse prevedute le conseguenze: «Tutterispose. «Sapeva che sconterei col capo quell'opera meritoria. E ho persino annunziato a que' tre, presenti buon numero dei miei soldati, che potranno testimoniarne».

S'era formata, spontanea, ignota a noi tutti, nel 1852, in Milano, una Fratellanza segreta di popolani, repubblicana di fede e con animo deliberato di preparare l'insurrezione e compirla. Non s'era rivolta per ajuti e consigli ad abbienti o letterati; non aveva cercato contatto con noi: aveva prima voluto esser forte. Uomini di popolo erano suoi capi: influente fra tutti, un tintore, Assi di nome, assiduo di cure nell'ordinamento e largo in quell'opera d'un po' di fortuna che gli era venuta dal lavoro: lo chiamavano il Ciceruacchio di Milano. La Fratellanza v'era divisa in nuclei contrassegnati dalle lettere dell'alfabeto: abbracciava ogni ramo di lavoro, e con quel senso pratico ch'è facolt

Spinello si portò tanto bene in quell'opera, così nel colorirla come nel disegnarla, che presto non si parlò più d'altro in Firenze, e tutti gli amici e conoscenti di messer Dardano vollero vedere gli affreschi del giovine aretino, anche prima che fosse levata l'impalcatura. Tirato dalla fama di Spinello, e veduta la bont

Mastro Jacopo non si dolse di ciò. Egli, che pure aveva spese tante parole a consigliare quell'opera, fu il primo a dire che era meglio lasciarla da banda. Un po' di intervallo ci voleva, perchè l'animo si mettesse in pace e l'occhio del pittore si liberasse da certi dirizzoni; più tardi si sarebbe veduto. Ma Spinello non contava di ripigliare il lavoro, più tardi, mai. Sapete gi

Osservato per ultimo a riguardo di don Albertario che gli articoli del giornale da lui diretto gareggiavano cogli altri di violenza così da attaccare con sottile ironia la Monarchia e le istituzioni, seminando l'odio di classe fra contadini e padroni e fra le altre classi sociali e distogliendo buona parte del clero da quell'opera di pacificazione che per la sua missione sarebbe destinato a compiere, costituendo in tal modo un fomite alla rivolta anche con articoli violenti, quando questa era gi

Non era stata forse ella che aveva fregate le gengive della regina, e del sangue che ne aveva estratto le aveva maculato le mani ed il sembiante? Non era dessa che le aveva consigliato di ritenere il respiro, per diventar pallida, e tutto il resto di quell'opera miracolosa che si compiè col parto felice della sua reale divota?

I preti hanno tentato deturpare quell'opera stupenda di venticinque secoli con delle mitre e delle Vie Crucis ma non ci riuscirono. Il bello, il grande, il sublime ancor più sublime comparisce in mezzo alle loro miserie! Si può vedere una Via Crucis nel Colosseo e pieno di mitre, l'augusto tempio di Michelangelo. Giulia, la bellissima figlia d'Albione, abitava Roma da più anni.

Davvero, che se io non avessi la fortuna di conoscerla da un bel pezzo, don Aquilino, crederei giusto di sospettar male.... Come? come? Lei si scusa, con tale anticipata premura che si direbbe.... Che?... Che?... Che le preme troppo di nasconder la parte da lei forse presa in quell'opera.... non del tutto caritatevole.... Io non c'entro, le ripeto; e se qualcuno le avesse mai detto....

Poche copie di quell'opera scesero allora in Italia; e però la tipografia del seminario di Padova, dandosi a ristampare in due soli volumi le sole traduzioni, provvede in questo anno a vieppiú diffonderne tra di noi la lettura. Al primo tomo, comparso giá da alcuni mesi, veggiamo succedere ora finalmente il secondo.