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Parve finalmente a Leone II Papa avere la Chiesa romana acquistato tanto di potenza da palesarsi intera, e dire: voglio e posso regnare sola. Regnava a Costantinopoli Leone Isaurico rude montanaro a cui saltò nel cervello la bizza di movere guerra alle immagini: a quanto sembra, eccetto questa fantasia, altra causa del suo odio non la possiamo rinvenire; ma così siamo avvezzi a conoscere complesse le cause delle azioni umane, chè ad una sola, alla più semplice crediamo, anzi quanto più apparente, screduta; tuttavia il senso di religione agita profondo le menti umane quanto più barbare, e l'Isaurico allevato per le montagne, usando co' monsulmani, e co' giudei potè ottimamente concepire odio immortale contro le immagini, le quali che altro sono mai tranne infelici segni d'idolatria così dallo antico come dal nuovo testamento detestati e reietti? Manuzio Felice cristiano del terzo secolo, il quale viveva in Roma ai tempi di Caracalla, dettò un dialogo in difesa della religione cristiana dove introduce a favellare due amici suoi, Ottavio Gennaio convertito alla fede di Cristo, e Cecilio Natale rimasto pagano; tra le altre accuse, che questi appone ai cristiani vi ha che essi si celano, aborrono mostrarsi, non possiedono altari, non tempi, non immagini. Ai quali appunti Cecilio risponde: che tempii? Che altari? Che sacrifici? Che immagini? L'uomo è immagine sincera di Dio; suo tempio il mondo; la vita pura ed i costumi santi il vero sacrifizio; e tale era la sentenza di Origene poco dopo di lui, e innanzi a lui la professò Clemente di Alessandria . Se vuoi autorit

Ma l'avevano questa unitá di patria e questo tumulto d'una capitale unica i poeti dei quali ho parlato? E se noi non possediamo una comune patria politica, come neppure essi la possedevano, chi ci vieta di crearci intanto, com'essi, a conforto delle umane sciagure, una patria letteraria comune? Forse che Dante, il Petrarca, l'Ariosto per fiorire aspettarono che l'Italia fosse una?

Laonde se Venere con le sue grazie è discesa dal cielo per goder cosí onorata compagnia di gentildonne, le quali con lo splendor de' lor occhi lucenti hanno fatto qui in terra un picciol cielo, se Marte con la sua gloria per sedersi fra questi illustri cavalieri, se Giove con la sua maiestá per starsi fra giustissimi senatori, se Mercurio con la sua eloquenza per aiutar nobilissimi rappresentatori che hanno oggi a recitarvi la favola; non vi debbia esser di maraviglia che vi compaia ancora il vostro Sebeto, picciol fiume e umile bene, ma glorioso e grande per bagnar solo le mura dell'alma cittá di Napoli.

Delle cause per le quali li regni possano abbondare d'oro e argento.

Il divertimento di quella sera consisteva in una festa da ballo ed una cena. Il ballo era d'un genere affatto nuovo. Si danzava a diversi gruppi in giardini estesissimi. I grandi e begli alberi sotto i quali si dava la festa, erano illuminati da infiniti lampioni disposti con tutta la variet

A cappezzale un crocefisso tra due quadri dalle cornici larghe e dorate, dentro alle quali spiccavano sotto il vetro due rozze litografie impiastricciate di colori, rappresentanti l'uno a S. Francesco di Paola col suo famoso bastone, l'altra un Gesù affranto sotto il peso della croce.

Gli è questo, dicesi, l'ultimo passo degli scienziati odierni, e certo, senza mestieri del dicesi, è l'ultimo passo di molte superbe, le quali, dopo aver molto cercato, e molto rifiutato, fanno capo a qualche gramo personaggio, diventato di botto l'archetipo della specie.

Anche le monache si volevano mettere in evidenza, ed entravano nella gara: quelle della Martorana specialmente, alle quali tornava graditissimo il trionfo del loro quaresimalista sull’altro del Duomo, come qualche volta ai Teatini di S. Giuseppe dovevano tornare d’infinito piacere i trionfi oratorî della loro chiesa.

D'allora in poi, ravvolta nuovamente l'Italia nella tenebra della servitù, pochi fatti isolati di ferimenti uscirono, risposta disperata a lunghe inaudite persecuzioni, dall'inspirazione individuale, da furore d'uomini ai quali le commissioni militari torturavano forse o fucilavano un padre o un fratello.

Si trova in una continua agitazione»¹⁹¹. ¹⁹¹ Diario ined., a. 1799, pp. 172-73. Se questo era l’ambiente governativo, nobilesco, popolare contro i novatori e contro i Francesi, dei quali facevasi tutt’uno coi detestati Giacobini, facile è presumere quale dovesse esser la poesia politica che lo ritraeva. Uno dei primi componimenti nel genere era un sonetto di Giuseppe da Ponte.