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Al che rispondo che in potestá mia non è altro che farli conoscere l'errore, volendolo conoscere, e, non volendolo conoscere, lasciarvelo dentro, come dice san Giovanni: «Chi sta nelle spurcizie vi stia ancora». E che questa sua ragione e proposizione sia falsa, appare dalla medesima sua asserzione.

«Ut pictura poësis». E ciò che concedete alla pittura lo avete a concedere anche alla poesia, a dispetto della persuasione e delle dimostrazioni irrefragabili del Lessing. E sapete perché? Perché lo ha detto chi poteva dirlo, chi poteva con piena potestá comandarlo, chi aveva rubata al papa l'infallibilitá, prima che il papa nascesse, Orazio insomma. E zitti per caritá.

Però ti rendo mille grazie, e lodo, lodar quanto può mai potèsta umana, te, dolce mio Iesú; te, fermo chiodo de l'alta fede ch'ogni dubbio spiana; te, dico, che disciolto m'hai quel nodo il qual ci lega e fanne cosa vana; te, sommo autor di tal' e tante cose, che 'l suo tesor per noi suso ascose. Thesaurus coeli quem neque tinea neque erugo demolliuntur.

ALESSANDRO. Se avevate comprato lo schiavo in nome mio e con i miei danari, quello era mio, e voi non avevate piú potestá sovra quello; e avendolo venduto, sará in vostro pregiudizio, perché avete venduto quello che non era vostro. L'error vi costerá caro. Andrò a' superiori e mi farò far giustizia: forse sarete condannato agli interessi. FILIGENIO. Dio me ne guardi! ecco i vostri danari.

GULONE. La mia lingua mai offese alcuno. PARDO. Hai la lingua doppia come quella delle serpi, che punge e avvelena; però sparisci via, assassin, furfante. GULONE. Avete potestá dirmi quel che volete, perché vi son schiavo. Morrei piú tosto che restar di non mangiar teco, e ci mangiarò oggi a vostro dispetto. PARDO. T'ho detto che sei un furfante. GULONE. Ed io vi dico che sète uomo da bene.

Alcuni dicevano che, per conto delle monete, egli era cosa impossibile che fosse osservato quello che dal nostro autore era stato proposto, e che tutto ciò era stato un suo capriccio, e che egli si era affaticato indarno; percioché ogni principe nel suo Stato ha libera potestá ed autoritá di fare a suo modo, ed in particolare sopra le cose de' danari.

CLERIA. Dolcissimo Essandro, io non vorrei, per essermi cosí volentieri condotta a ragionar con voi, vi cadesse nell'animo qualche sospetto della mia onestá: ché certo non mi sarei ridotta a questo termine, se non avessi fatto prima deliberazione di esser vostra; e se ben son in potestá di mio padre e a lui tocca disponer di me quel che ne vuole, pur se a me ne resta qualche particella, ve la dono tutta, vo' viver se non vostra.

ATTILIO. Voi potete promettervi di me come di voi stesso, perché stimo voi come un altro me stesso; e vi do potestá che ve la godiate e procacciate per moglie, ch'io vi rinunzio ogni interesse che pretendesse in lei, e ve la rifiuto. EROTICO. Ella non è cosa di rifiuto, però non voglio crederlo. ATTILIO. Se non volete credere il vero, crederete il falso. EROTICO. E che credete ch'io creda?

Però voglio che prestino il libero consenso a questa mia sentenza e mi dia ciascuno di voi auttoritá in particolare di poter determinarlo; ché altrimente non son per dire parola in questo fatto. EUGENIO. Io per me, signor Guglielmo, vi delibero potestá di determinare di questi matrimoni come vi piace, e starò pazientissimo ad ogni sua sentenza comunque si sia; e cosí afferma Sulpizia mia sorella.

E, perché dovea osservarsi la pragmatica di Regno contra lo prezzo corrente e che da volontá commune non era stabilito, e gli altri, che erano conforme al corrente e a la volontá commune, non doveano osservarsi? Opure la medesima potestá che tiene il re ne' suoi sudditi non tengono l'altri prencipi con li loro?