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Aveva realmente una vestaglia nuova, alla Pompadour, con fiori sul petto; un nastro azzurro le girava attorno alla testa, pettinata secondo la foggia greca. Sentii le sue dita fredde, vidi le braccia scoperte, il viso bianco dagli occhi mavì; in uno sguardo, riassunsi tutta la venust

Schierate in fila di battaglia; sul davanti, erano quattro fanciulle, volti graziosi, niente intelligenti, linee superficiali, occhi a fior di testa, capelli castani: bellezzine borghesi napoletane. La prima aveva fatto un tentativo di abito Pompadour, mettendo dei nastri rosa sopra un abito azzurro; tentativo ingenuamente sbagliato, perchè il rosa tendeva al rosso e l'azzurro era troppo cupo.

Quanti nomi, quante glorie purissime! Che cosa ne avrebbe pensato, di questi ospiti nuovi, la signora di Pompadour, che proprio in questo sale ebbe il suo appartamento?

Quell'ultima nota echeggiava ancora. In quei tempi dorati quando la Pompadour era regina di Francia per grazia degli amori, quando le dame della corte non si mostravano troppo sovente crudeli e s'abbandonavano spensieratamente ai dolci capricci, la bellezza era ancora quasi altrettanto stimata nell'uomo che nella donna.

La Teobaldi salutò ancora Loredana, salutò Emma, ed uscì tra il fruscìo dell'abito alla Pompadour e della sottana inamidata. Non ti spaventare, disse la fanciulla a sua madre, non appena l'uscio fu chiuso alle spalle della cantatrice. Sto bene, ora; possiamo partire.... E fece l'atto di scendere, ma Emma la rattenne. No, disse. Puoi aspettare; partiremo stasera.

Depositando la corazza il re parve che rinunziasse alla gloria e perfino all’amore del suo popolo, giacchè abbandonò le redini dell’impero alla sua amante, di cui l’odioso regno doveva continuare fino alla sua morte. La bella Madama d’Etioles si era separata dal marito, e non ne portava nemmeno più il nome. Il re l’aveva fatta marchesa di Pompadour.

La bambinaia era pagata profumatamente; e però doveva servire; doveva lavorare! Cinque lire?... Sono una bagattella cinque lire al mese; ma in un anno, perdinci! diventano sessanta franchi; e con sessanta franchi c'è da farsi un abito nuovo alla Pompadour, che par proprio di seta! Non dico bene, Lao? Gi

Il re, con la Marchesa, come i cortigiani chiamavano la Pompadour, vi andavano spesso, preferendo i giardini di Lenôtre al Louvre; e in quello splendido soggiorno, ancora tutto pieno delle memorie del gran re e del gran secolo, le feste si succedevano, una più variata dell'altra: balli, ricevimenti, caccie, recite, e frammezzo a tutto questo, i facili intrighi, improntati della leggerezza del tempo, si legavano, rompevano e riannodavano incessantemente.

Di tutti i principi, quegli che meno conosceva la Francia era quel re. Quegli che la conosceva peggio, era il suo ministro il quale l'aveva vista ai più bei tempi della luna di mele di madama de Cayla. Re e ministro s'immaginavano una Francia, in cui le Maintenon e le Pompadour menavano ancora gli affari, il governo, il re; bistrattavano i suoi consiglieri e davano del tu alla politica.

Pur, dai gracili steli Una pallida rosa piccioletta In bianca parrucchetta Sfida il rigor dei geli; Tanto bella e gentil, che la diresti Ai languidi colori, ai tratti mesti, La crèola di Balzac, Una smilza figura Di Dorè, di Kaulbach, Una giovin marchesa in miniatura. Se non temessi offenderti, Piccola Pompadour, Vorrei offrirti un cigaro Cavour!