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Garibaldi, in quei giorni, sopraffatto dal numero e dai chassepots, era rimasto vinto a Mentana, e un grido di dolore e di indignazione, che le ipocrisie utilitarie della politica tentarono invano di soffocare, s'era levato per tutta Italia. Comizi, meetings, dimostrazioni popolari, sorsero protestando, e anche a Verona, più di una volta, scoppiò minacciante la collera generosa.

Fin d'allora, non militare abbastanza per ordinare armi proprie, per esentarsi de' condottieri, fu politica in modo da barcheggiare con essi, e servirsene nelle solite rivalitá contro a Pisa, e in quella or piú pericolosa co' Visconti di Milano.

Se comandassi io... Da bravo, Michele! Sempre colla politica? Che vuole, signorina? Il dente batte.... cioè, la lingua duole.... insomma, dico che se comandassi io, la finirei senza tanti discorsi.... Ma gi

Giá vedemmo il padre di Federigo avergli apparecchiato l'imperio, riuniendo le famiglie Guelfa e Ghibellina di Germania con un matrimonio; e con un matrimonio vedrem Federigo II acquistar diritti alla corona di Gerusalemme; onde si vuol dire che questa casa di Svevia precedesse casa d'Austria in quella politica matrimoniale, che fu a questa cosí felice.

Una politica Nazionale non poteva soggiacere a variazioni fatte e a me conveniva quindi rimaner libero da ogni vincolo o patto.

La politica, oh no! non lo tenter

Tutto fu inutile: non era opinione politica, non desiderio di una piuttosto che di un'altra forma di governo, non animosit

La politica è fatale all'arte, è troppo assorbente. Quel che essa richiede dai suoi adepti, dai suoi cultori, ha poco o niente da spartire coi mezzi di cui dispone l'artista. La sentimentalit

Osservando cotesta feconda politica europea dei Borboni, comprendiamo facilmente la ragione per che allora i francesi inviperiti cantavano con Casimiro Delavigne: ces esclaves d'hier, aujourd'hui nos tyrans! e il ritornello di Béranger: en France soyons français! sonava scortesia ai Borboni. Basterebbero queste congiunture a spiegare la caduta dei Borboni.

Dopo la morte di mia madre fui messa in un educandato francese nei dintorni di Parigi, e vi rimasi fin verso i quindici anni. Era una specie di clausura, fredda e severa, dalla quale ogni giorno più sentivo il bisogno di evadere. Quando feci ritorno al Castello, mio padre, assorto nella politica, non poteva occuparsi della mia educazione. Lord W., mio padre, apparteneva ad una famiglia di antichi immigrati; portava il nome d’una vecchia gente normanna che passò il Canale non saprei dire in qual secolo. Certo il nome che voi conoscete non è il mio. Per questa sua fedelt