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pria che passin mill’ anni? ch’è più corto spazio a l’etterno, ch’un muover di ciglia al cerchio che più tardi in cielo è torto. Colui che del cammin poco piglia dinanzi a me, Toscana sonò tutta; e ora a pena in Siena sen pispiglia, ond’ era sire quando fu distrutta la rabbia fiorentina, che superba fu a quel tempo com’ ora è putta.

Che voce avrai tu piu`, se vecchia scindi da te la carne, che se fossi morto anzi che tu lasciassi il 'pappo' e 'l 'dindi', pria che passin mill'anni? ch'e` piu` corto spazio a l'etterno, ch'un muover di ciglia al cerchio che piu` tardi in cielo e` torto. Colui che del cammin si` poco piglia dinanzi a me, Toscana sono` tutta; e ora a pena in Siena sen pispiglia,

Che voce avrai tu piu`, se vecchia scindi da te la carne, che se fossi morto anzi che tu lasciassi il 'pappo' e 'l 'dindi', pria che passin mill'anni? ch'e` piu` corto spazio a l'etterno, ch'un muover di ciglia al cerchio che piu` tardi in cielo e` torto. Colui che del cammin si` poco piglia dinanzi a me, Toscana sono` tutta; e ora a pena in Siena sen pispiglia,

Li occhi rivolsi al suon di questo motto, e vidile guardar per maraviglia pur me, pur me, e 'l lume ch'era rotto. <<Perche' l'animo tuo tanto s'impiglia>>, disse 'l maestro, <<che l'andare allenti? che ti fa cio` che quivi si pispiglia? Vien dietro a me, e lascia dir le genti: sta come torre ferma, che non crolla gia` mai la cima per soffiar di venti;

«Perché l’animo tuo tanto s’impiglia», disse ’l maestro, «che l’andare allenti? che ti fa ciò che quivi si pispiglia? Vien dietro a me, e lascia dir le genti: sta come torre ferma, che non crolla gi

E sono belli i bimbi, e v’è fra lor la mia piccina che, incerta ancor del passo, una manina tende ai più grandicelli: timidamente coglie primule d’oro, e poi pispiglia; e le brilla d’ingenua meraviglia il bruno occhio ridente. Dammi la piccola mano, vieni con me tra le selve. Per l’aria fragrante d’aromi le bianche farfalle ti cercano.

Li occhi rivolsi al suon di questo motto, e vidile guardar per maraviglia pur me, pur me, e 'l lume ch'era rotto. <<Perche' l'animo tuo tanto s'impiglia>>, disse 'l maestro, <<che l'andare allenti? che ti fa cio` che quivi si pispiglia? Vien dietro a me, e lascia dir le genti: sta come torre ferma, che non crolla gia` mai la cima per soffiar di venti;

Li occhi rivolsi al suon di questo motto, e vidile guardar per maraviglia pur me, pur me, e ’l lume ch’era rotto. «Perché l’animo tuo tanto s’impiglia», disse ’l maestro, «che l’andare allenti? che ti fa ciò che quivi si pispiglia? Vien dietro a me, e lascia dir le genti: sta come torre ferma, che non crolla gi

pria che passin mill’ anni? ch’è più corto spazio a l’etterno, ch’un muover di ciglia al cerchio che più tardi in cielo è torto. Colui che del cammin poco piglia dinanzi a me, Toscana sonò tutta; e ora a pena in Siena sen pispiglia, ond’ era sire quando fu distrutta la rabbia fiorentina, che superba fu a quel tempo com’ ora è putta.