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Una festa di ballo dava il Casino dei Nobili, una festa più grandiosa fu quella data la sera del 25 da S. E. il conte Luigi Grifeo de' principi di Partanna, incaricato d'affari di S. M. Siciliana. Il principe abitava in via San Sebastiano il palazzetto, oggi recinto da muri, quasi attiguo al gi

Poi fece ancora quattro o cinque altri passi e sparì anch'ella in un palazzetto a una delle cui finestre del primo piano penzolava, sbattuta dal vento, la tarlata insegna d'una locanda. Ascese la scala a tentoni. Non v'era lume; ma ella conosceva il numero dei gradini e il posto della porticina. A quella picchiò due volte, colla mano spiegata. Viene... fece di dentro una rauca voce maschile.

Dopo una mezz'ora un uomo portava al palazzetto un libro. Roberto lo mandava ad Antonietta perchè lo leggesse, si distraesse, immaginandosi che doveva gi

Nella sala di un palazzetto sul Canal Grande di Venezia, si trovano due personaggi, che il nostro lettore gi

E il buon vecchio, chinandosi, le dette un bacio sulla fronte. E ora ti lascio! E, ripreso l'ombrello, con un gesto come se volesse fargli dimenticare il lungo distacco da a cui l'aveva condannato, si accomiatò. Il giorno dopo, tutto il palazzetto era sossopra.

L'idea lo martellava, lo teneva sulle spine. Un quarto d'ora dopo Roberto tirava di nuovo il campanello del palazzetto. Lina veniva ad aprire. Le domandava notizie. Antonietta era un po' agitata. Egli le lasciava un piccolo involto, e le scriveva in un biglietto che vi avrebbe trovato rimedio infallibile al suo male.

Ella era nel rapimento. Ed il dottore partiva dal palazzetto, fregandosi le mani dopo ogni visita. Si era alla scossa della serie n. 8. La guarigione consideravasi dunque ormai come assicurata, la cura regolata. Il dottore annunziò quindi un mattino alla principessa ch'egli andava a lasciarla, per una settimana o due.

Ella, a ogni sosta, si precipitava dalla vettura, si cacciava in un palazzetto e riappariva poco dopo muta, livida, con gli occhi pieni di lacrime. Risaliva a stento in vettura: s'afferrava alla serpa talvolta. L'ultima volta Longo dovette aiutarla. Per via la udì singhiozzare. Si volse. Ma che avete dunque! Ella mormorò: Nulla... nulla. Annottava.

Cristina esce nella piazzetta. Ha una bottiglia in mano e va alla fontanella. Vito la segue con lo sguardo, poi si rimette a sedere sotto la sua porta e gioca con la rosa sempre guardando, sottocchi, la giovane, che silenziosamente riempisce la bottiglia. Quando ella ha finito fa per tornare, lentamente, al palazzetto. Psstt! Site stata vuie? Che cosa? Mme l'avite menata vuie? ... E... pecché?

L'Anna Bolena porgeva dunque di nuovo alimento alle conversazioni, alle elucubrazioni dei buongustai fiorentini. L'ultimo colpo, che Antonietta aveva ricevuto a Venezia, era stato tremendo. Tornata, o piuttosto trasportata al palazzetto, in cui dimorava, le si mise addosso la febbre e per varii giorni non uscì dalla camera. Appena ristabilita, volle subito partire.