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E questo può dirsi tanto dei naturalisti quanto degli idealisti; e sa, caro Ojetti, perchè? Perchè l'avvenire è giusto, tardo nel giudicare talvolta, ma imparziale. Lo avvenire non dir

E questo, caro Ojetti, è individualismo, è idealismo dei più schietti e dei più sinceri. E quando io dico che nel D'Annunzio ciò non avviene, o avviene a intervalli, che l'organismo dell'opera d'arte ne soffre, non intendo biasimare l'elevatezza del concetto che vorrebbe informare i Romanzi della rosa e i Romanzi dei gigli.

E sul rotondo tavolino di mezzo, veggo il Rome dello Zola mandatomi dall'autore, e che aspetta che io lo rilegga per intero, perchè ne ho letto saltuariamente parecchi capitoli nelle appendici del Journal e della Tribuna. Eh, no, caro Ojetti e questo non mi sembra il minore dei suoi equivoci no, quel romanzo non è per me un argomento di dimostrazione in favore delle mie teoriche.

Ben detto, caro Ojetti; se non che è stato sempre così. L'opera d'arte italiana o francese o norvegiana è stata sempre opera del genio umano, e non poteva essere diversamente. Tempo fa il pregiudizio retorico, pedantesco non riconosceva altra arte all'infuori di quella greca e latina. Ma noi ci siamo finalmente liberati dal giogo dei greci e dei romani, abbiamo allargato il nostro orizzonte. Shakespeare non ci apparisce più un barbaro, come al signor di Voltaire; da qualunque parte ci venga, qualunque forma rivesta, qualunque concetto esprima, pur che abbia assunto una forma vivente, l'opera d'arte è accolta, compresa, festeggiata, ammirata. Nazioni che prima non avevano preso parte al banchetto artistico che non hanno tradizioni classiche di nessuna sorta, e non intendono certi nostri pregiudizi sono venute a sedervisi insieme con noi, balde, piene di entusiasmo, giovanilmente sincere, e anche, non le dispiaccia, giovanilmente ingenue; e ci hanno mostrato, col fatto, l'inanit

Le bellezze, i lenocinii dello stile, caro Ojetti, risultano cosa molto secondaria, mera esteriorit

Ah, egregio Ojetti, io voglio mostrarmi più radicale e più cosmopolita di lei! E siccome una cosa o è quel che dev'essere o non è niente; e siccome un'opera d'arte non può essere altro che pensiero incarnato in una forma viva, così io credo che noi assisteremo in tal caso alla solenne agonia dell'Arte. Troppa riflessione, troppa scienza positiva ci pervade ogni fibra. L'opera d'arte che pretende di usurpare le funzioni della filosofia e della scienza non caver

Ugo Ojetti ha predicato, giorni fa, a Venezia il suo vangelo letterario. Ripercosso dall'eco del telegrafo e dalle rassegne dei cronisti, è giunto fino a qui il rumore degli applausi prodigati dall'uditorio al conferenziere. Me ne rallegro con lui. Egli possiede tutte le qualit

Terribile cosa, caro Ojetti! E pensare che Omero e Dante e lo Shakespeare non sapevano niente di realismo e d'idealismo e d'altri consimili ismi! E intanto han messo al mondo quelle cosettine che si chiamano Iliade, Odissea, Commedia, Otello, Amleto, Re Lear!

Una stretta di mano sinceramente affettuosa dal suo San Giacomo di Spoleto, 13 maggio 1896. Ugo Ojetti. Ah, caro Ojetti! Dopo la sua risposta, io credo di avere più ragione di prima. La sua difesa poggia tutta sopra tre o quattro equivoci. Idealismo! Se non è zuppa è pan molle. Vede? Io ragiono d'arte e lei mi risponde picche, cioè filosofia.

Lei m'invita: Sia con noi, che siamo forse pochi, ma siamo giovani e abbiamo davanti a noi tale una via lunga che ai nostri occhi ansiosi essa sembra in fondo all'orizzonte confondersi col cielo. Ma volentieri, caro Ojetti; se non che oggi, in questa discussione, veda stranezza! mi sembra che il vecchio sia lei e il giovane sia io... non d'anni, ahimè! ed è la sola cosa che mi dispiace.