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Il conte Roberto, senza parlare, gliene segnò alcuni col dito, gl'indicò il cartellino col nome; dalle occhiaie e dalle suture sconnesse di alcuni pendeva per una cordicella il pezzo di piombo che aveva traversato il cranio o spaccato il cuore; e toccando quei frantumi di proiettili e di mitraglia, Filippo vide fuggire lungo i palchetti della scansia qualche scolopendra che aveva preso albergo nei teschi dei valorosi.

Disse, e disparve. Il bieco occhio e la voce Mosse il fiero morente, e una tremenda Vista mirò. Più sol non era: accanto, A piè del letto, al capezzal, d'intorno Un popolo sorgea di brulicanti Scheletri: avean ne le profonde occhiaie Come due fiamme che parean pupille, E un tal verso facean con le dentate Mascelle, che parea voce e sogghigno.

Cristina, piuttosto alta di statura, nerboruta, di viso scialbo, con profonde occhiaie, di modi bruschi, taciturna, era un personaggio assai misterioso; e sembrava, ad alcuni non privi d'acume, messa accanto alla giovane duchessa come il suo cattivo genio.

L’infermo bevve; e i sorsi scendevano nella gola con un gorgoglio, a uno a uno, distinti, regolari. Poi successe un silenzio. E l’infermo parve preso da sopore: tutta la faccia gli si fece più cava; ombre più profonde, quasi nere, gli occuparono le occhiaie, le guance, le narici, la gola. Donna Laura si accommiatò dall’amica; se ne andò, trattenendo il respiro, pianamente.

Ma io non badavo al desolato grido dell'artista che vedeva distratta l'opera sua; e coi piedi deformavo la testa rimasta intatta nella caduta, facendone schizzar fuori quel cranio con le occhiaie, con la dentiera e il buco triangolare delle narici imbrattati di creta che sembrava carne imputridita e rimastavi appiccicata nello sfacelo; poi, con la punta di un piede lo facevo ruzzolare in un angolo.

Chi avesse in quel punto visto Enrica si sarebbe sbigottito. I capelli disciolti le ricadevano sin quasi al ginocchio, le vesti in disordine; la fisonomia piena di terrore, le labbra schiumanti, le guancie, di pallidissime, divenute livide, le occhiaie infossate, gli occhi iniettati di sangue. Di tratto in tratto le sfuggiva un gesto di collera.

Talmente esso era scomposto, lo sguardo era così inaridito, le occhiaie così incavate, i labbri avevano preso pieghe tanto dolorose, che la nuova tristezza non poteva esprimere una nuova lacrima dagli occhi, non poteva incidere una nuova ruga sul viso. Voi vedete che la mia induzione di ieri è confermata da queste confessioni. L'amor vostro accrebbe l'ambascia della povera donna, non la consolò.

Gli occhi, nascosti nelle occhiaie profonde sotto le tettoie ossute e pelose, sembravano focolari di delinquenza. Erano in essi i guizzi del delitto che facevano passare per la schiena l'aria fredda. Tutte le volte che lo guardavo, mi obbligava a liberarmi dai fremiti che mi suscitava con degli scotimenti di spalle.

Un giorno l’ammalato perdette la parola, ma parlava ancora cogli occhi, poi anche questi s’intorbidarono, si fecero vitrei, immobili e senza luce, le occhiaie divennero livide, i zigomi prominenti, la bocca pareva più grande, e cominciò il rantolo dell’agonia.

È la stessa follia che fa dipingere l'amore rubicondo, paffuto, intento a ridere e a trastullarsi, mentre si dovrebbe cercare l'amore nello scheletro più distrutto della danza macabra; uno che non abbia più nemmeno le occhiaie per tenervi le lagrime, e il petto squarciato da cima a fondo. Così vorrei dipingere l'amore!