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la qual molte fïate l’omo ingombra che d’onrata impresa lo rivolve, come falso veder bestia quand’ ombra. Da questa tema acciò che tu ti solve, dirotti perch’ io venni e quel ch’io ’ntesi nel primo punto che di te mi dolve. Io era tra color che son sospesi, e donna mi chiamò beata e bella, tal che di comandare io la richiesi.

Per tai difetti, non per altro rio, semo perduti, e sol di tanto offesi, che sanza speme vivemo in disio>>. Gran duol mi prese al cor quando lo 'ntesi, pero` che gente di molto valore conobbi che 'n quel limbo eran sospesi.

poi, liquefatta, in se' stessa trapela, pur che la terra che perde ombra spiri, si` che par foco fonder la candela; cosi` fui sanza lagrime e sospiri anzi 'l cantar di quei che notan sempre dietro a le note de li etterni giri; ma poi che 'ntesi ne le dolci tempre lor compatire a me, par che se detto avesser: 'Donna, perche' si` lo stempre?,

turgide fansi, e poi si rinovella di suo color ciascuna, pria che ’l sole giunga li suoi corsier sotto altra stella; men che di rose e più che di vïole colore aprendo, s’innovò la pianta, che prima avea le ramora sole. Io non lo ’ntesi, qui non si canta l’inno che quella gente allor cantaro, la nota soffersi tutta quanta.

Cosi` quel lume: ond'io m'attesi a lui; poscia rivolsi a la mia donna il viso, e quinci e quindi stupefatto fui; che' dentro a li occhi suoi ardeva un riso tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo de la mia gloria e del mio paradiso. Indi, a udire e a veder giocondo, giunse lo spirto al suo principio cose, ch'io non lo 'ntesi, si` parlo` profondo;

poi, liquefatta, in stessa trapela, pur che la terra che perde ombra spiri, che par foco fonder la candela; così fui sanza lagrime e sospiri anzi ’l cantar di quei che notan sempre dietro a le note de li etterni giri; ma poi che ’ntesi ne le dolci tempre lor compatire a me, par che se detto avesser: ‘Donna, perché lo stempre?’,

Così quel lume: ond’ io m’attesi a lui; poscia rivolsi a la mia donna il viso, e quinci e quindi stupefatto fui; ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso tal, ch’io pensai co’ miei toccar lo fondo de la mia gloria e del mio paradiso. Indi, a udire e a veder giocondo, giunse lo spirto al suo principio cose, ch’io non lo ’ntesi, parlò profondo;

A questa voce vid’ io più fiammelle di grado in grado scendere e girarsi, e ogne giro le facea più belle. Dintorno a questa vennero e fermarsi, e fero un grido di alto suono, che non potrebbe qui assomigliarsi; io lo ’ntesi, mi vinse il tuono. Paradiso · Canto XXII Oppresso di stupore, a la mia guida mi volsi, come parvol che ricorre sempre col

Così quel lume: ond’ io m’attesi a lui; poscia rivolsi a la mia donna il viso, e quinci e quindi stupefatto fui; ché dentro a li occhi suoi ardeva un riso tal, ch’io pensai co’ miei toccar lo fondo de la mia gloria e del mio paradiso. Indi, a udire e a veder giocondo, giunse lo spirto al suo principio cose, ch’io non lo ’ntesi, parlò profondo;

Cosi` quel lume: ond'io m'attesi a lui; poscia rivolsi a la mia donna il viso, e quinci e quindi stupefatto fui; che' dentro a li occhi suoi ardeva un riso tal, ch'io pensai co' miei toccar lo fondo de la mia gloria e del mio paradiso. Indi, a udire e a veder giocondo, giunse lo spirto al suo principio cose, ch'io non lo 'ntesi, si` parlo` profondo;