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Ecco qui. Va al tavolino per aprire il cassetto. GIOVANNI le va vicino, piano. Te n'hai per male? No. GIOVANNI c.s. Per la pace. . Sorridimi, cara, sorridimi. Come sei buono! GIOVANNI c. s. E.... badaci ancora. NENNELE c.s. Non temere. A Giulia. Qui ci sono sessantatre lire e trenta centesimi. Qui c'è il libro delle spese, e questi sono i libretti dei fornitori.

PILASTRINO. Avresti da allegrarti e tenerti felice, che ho provisto robba a bastanza: ch'io ti so dir certo che t'avremmo mangiato al manco mezza cotesta tua giubbessa in su le spalle e da mano e nel petto; che sarebbe com'un presciutto appunto. LISTAGIRO. Oh! co! co! co! Tu mi farai crepare. E la berretta? Non n'hai fatto menzion.

LARDONE. Lasciamo «quae pars est» e nomi da scongiurar gli spiriti. PEDANTE. Tutti son nomi significativi ch'esprimono le forme di quei vasi. Oste, hai tu del cecubo, dell'amineo e de' «spumantia vina Falerni»? CAPPIO. Non intendere vostre linguagie. PEDANTE. N'hai del cecubo di Pozzuolo, dell'amineo di Vesuvio e del razente de' monti Falerni?

No», rispose Alpinolo. E l'altro continuava: A me l'ha dato Zurione, e non credo aver buttato il giorno invano, ma spero con maggiore prudenza di te. Tu a chi n'hai parlatoQui Alpinolo nominò parecchi di coloro cui n'avea fatto motto, e degli altri cui volea farlo: e Ramengo, che non ne perdeva parola, gli chiese: Ma non ti sei tu inteso con Galeazzo e Bernabò?

LIMOFORO. Figlia, sei stata tanti anni senza padre; or in un punto n'hai acquistati tre: l'un vero che son io, l'altro falso che s'era fatto me, e il maestro che t'ave allevata come padre.

Questo è atto da uomo da bene? questa è cosa convenevole a uno amico? questo è il parentado che volevi far con esso me? chi t'hai pensato di gabbare? credi ch'io sia per comportarla? Mi vien voglia... VIRGINIO. Di che cosa ti lamenti di me, Gherardo? che t'ho io fatto? Io non cercai mai di far parentado teco. Tu me n'hai rotto il capo uno anno. Ora, se non ti piace, non vada avanti.

Ch. hor non più omai Che gli sospiri, i guai, gli affanni, e i pianti C'hai fatto & farme inanti: al vento en sparsi. No. Sai perché me fur scharsi: i tuoi soccorsi. Ch. Mai non ti tenni, in forsi, anci, più aperto: Ch'io seppi, ti fei certo: i' non te amava. No. Et hor tua voglia, è prava: come prima: Ch. Gli è più, e men fo stima: ch'io facesse. No. N'hai le voglie rimmesse: in farmi torto. Ch.

Non me n'hai detto mai nulla. Probabilmente perchè mi pareva di aver commesso una fanciullaggine. È una villetta dei primi anni di questo secolo. I mezzadri abitano al pianterreno. I padroni non vanno mai a villeggiarvi e neppure a visitarla di tanto in tanto. Perchè? domandai Chi lo sa? rispose la mezzadra. E sarebbero disposti ad affittarla? Certamente.

ARTEMONA. : t'ho inteso. Va' dormi; n'hai bisogno. Io 'l vidi al primo, ch'era cotto a l'usato. Crisaulo, avendo parlato con Calonide, le promette ultimamente di sposar la figliuola e si fa conceder da lei di dirle duo parole: le quali, come poi si vedrá, fûrno di sorte che egli ottenne per quelle, la sera medesima, quanto desiderava. CRISAULO. Io ti ringrazio de l'affezion.

SANTINA. Chi t'ha imparato cosí bella ricetta? n'hai ancor fatta la pruova? SPEZIALE. La prima volta la provai a mia moglie, ed è riuscita miracolosa; poi l'ho insegnata a molti miei amici, e tutti m'han riferito che fa effetto grande. NEPITA. Eccolo, padrona. SPEZIALE. Che diavolo hai meco, vecchiaccia fradicia? che t'ho fatto io che mi batti?