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PRUDENZIO. Luzio, vatene dentro e incumbi alla lezione; ché statim te lla verrò a repetere. LUZIO. Misser . PRUDENZIO. Vien qui, tu altro. Credi ch'io te voglia dar un buon cavallo, se non sarai ubidiente? MINIO. Eh! mastro, perdonateme. Che volete ch'io faccia? PRUDENZIO. Io ti prometto de non ti dar mai cavallo se me farai un piacere. Altrimenti, pènsati che quolibet die io te nne darò uno.

PRUDENZIO. Chi impulsa l'hostio? LUZIO. Ego sum, domine. PRUDENZIO. Bene veniat. Oh! Magnifico misser Antonio, fate introire il nostro discipulo. MALFATTO. Vedi che t'ho ditto lo vero? LUZIO. Oh! tu sei el buon figliolo! Ma sta' cheto, de grazia. MALFATTO. Voglio parlare per dispetto tuo, voglio parlare; misser , che voglio parlare. Vedi !

PRUDENZIO. Extemplo; illico; che venghi statim. MALFATTO. Messer non. Non sono stato in nessun loco. PRUDENZIO. Malan che Dio ti dia! Certe tu es insanus. MALFATTO. Misser che son sano. Sonno le scarpe che sonno rotte. Ecole: vedete. PRUDENZIO. Che che, s'io torno in scola, te darò una spogliatura! MALFATTO. Ed io me ne andarò a letto, se me spogliarete.

MALFATTO. Per lo mortale che me avete detto. PRUDENZIO. Odi qui ciò ch'io ti voglio dire. MALFATTO. Dite pur. PRUDENZIO. Ch'io, totis viribus..., MALFATTO. Misser . PRUDENZIO. ... farò cosa che tu sarai sodisfatto. MALFATTO. E lui ancora? PRUDENZIO. Quisnam? Chi lui? MALFATTO. Che ne so io? PRUDENZIO. Me par bene che non sai che te parli. MALFATTO. Ben.

Io, per me, farò ogni cosa pur che lo trovi. Va bene. Vuole ch'io vada sino a casa d'una certa Filippa che abita in Treio e ch'io veggia di parlar al servo di misser Curzio el quale è innamorato della figliuola. E hami imposto ch'io gli dica ch'ella è contenta e che, stanotte, ne venga su le tre ore, pur che del prezzo che molte fiate li ha mandato a offerire non gli venghi meno.

FACCHINO. che soie mi? SBIRRI. Sei stato in doana? FACCHINO. Non mi. SBIRRI. Che c'è drento? Di' . FACCHINO. Non l'ho visto o verto mi. SBIRRI. Dillo, poltron! FACCHINO. El me fu deccio che 'l ghera seda e pagni. SBIRRI. Sede? FACCHINO. Madesine. SBIRRI. È chiavato? FACCHINO. E' crezo de no mi. SBIRRI. Le son perdute. Posa giú. FACCHINO. Eh! no, misser. SBIRRI. Posa, poltron!

MALFATTO. Misser , che ve cognosce. PRUDENZIO. Io dico se tu lo cognosci; intendi bene. MALFATTO. Vedete se me cognosce, ché m'ha dati li quatrini. PRUDENZIO. È questo possibile, che tu non mi respondi a quello ch'io te interrogo? Io te ho detto se tu lo saperai ricognoscere, o no. Che dici tu? MALFATTO. e no. PRUDENZIO. Iuro per deum Herculem che...

MALFATTO. Misser no. Non ce è altri qua che lui, esso e io. RUFINO. Con chi l'hai? a chi respondi? MALFATTO. Orsú! Bona sera. RUFINO. Malanno che Idio te dia! Tic, tac. MALFATTO. Che vòi? che hai? RUFINO. Ècci el tuo patrone in casa? MALFATTO. Che patrone? che patrone? Io non ho se non un compagno che sta qua dentro che se chiama lo mastro. RUFINO. Va'; e digli che venga un poco abasso.

MINIO. Eh! non me date, ch'io ve voglio portar una buona cosa. PRUDENZIO. Io voglio che tu parli a tua sororia da parte nostra. MINIO. Oh! sapete, mastro... PRUDENZIO. Sta' cheto; lassa parlare al preceptore; non lo interrompere. E reportame la risposta. MINIO. Lo voglio fare, misser . PRUDENZIO. E noi te vorremo bene.

Non ve vergognate, voi, che fate el savio, el grave, e andate tutta notte cantando, facendo le mattinate, come se fossivo un giovane de venti anni? MALFATTO. È vero, , e ce porta lo... PRUDENZIO. Non lo credi, no, che te farò cedere locum maiori? MALFATTO. Misser no, che non lo credo. PRUDENZIO. Bone vir, io credo che la Magnificenzia Vostra in tutto e per tutto e al tutto...