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Milan gli sorrise soddisfatto; e mentre egli si allontanava con la contessa per dirigersi alla sala da ballo, Berto soggiunse a bassa voce con Paolo Orseolo: Mai visto il Rowing-Club! E tu? Il conte Orseolo si mise a ridere. Milan era giunto a Venezia in quei giorni, proveniente da Abbazia, dove aveva passato qualche settimana col giovane re Alessandro, suo figlio.

Gli altri tutt'intorno sentirono quella vampa di desiderio, che il re del tappeto verde e delle alcove aveva recato con , e tolsero gli occhi dalla coppia e seguitarono per discrezione i loro discorsi. Oh perchè non si ricoverano dietro il paravento? mormorò Berto, con un'occhiata al principe. Se vuole io gli insegno i buchi, a Milan.... Quali buchi? domandò Filippo stupito.

Berto, sprofondate le mani nelle tasche dei calzoni, rimase a guardar Filippo e Giselda che si allontanavano; poi squadrò di nuovo Milan Obrenovich, e gli venne in mente un verso, un verso del quale non avrebbe potuto dir l'autore, ma che gli sembrava adatto alla sua situazione: "Messo l

Spense, fra' molti, Artemidor Visconte, Di Milan pregio; indi Guiscardo Albano, Germe de la Citt

I giornali avevano anzi parlato d'un tentativo d'avvelenamento commesso dai nemici degli Obrenovich contro Alessandro; e Milan, che in quell'epoca dimostrava pel figliuolo una vera tenerezza, ne era rimasto foscamente impressionato. Era sceso allHôtel d'Europa»; la contessa Lombardi, che l'aveva conosciuto alcuni anni prima a Biarritz, l'aveva invitato alla sua sauterie.

Berto aveva ragione: Milan aveva piuttosto l'aria d'un gran signore annoiato che non l'aspetto d'un Sovrano. I favoriti e i baffi biondi contrastavano con l'espressione di lassezza diffusa sul volto; e dentro gli occhi grigi e freddi passavan talora lampi improvvisi, come per effetto d'un pensiero che sopraggiungesse e illuminasse o facesse tremare quell'anima.

La duchessa sorrideva, un po' impacciata, sotto la fiamma che sfolgorarono a un tratto gli sguardi di Milan. Si sarebbe detto ch'egli avesse voluto bere la luce che sorgeva dal corpo sottile, dalla carnagione rosata, dai capelli aurei della giovane dama.

Noi siam di voglia a muoverci si` pieni, che restar non potem; pero` perdona, se villania nostra giustizia tieni. Io fui abate in San Zeno a Verona sotto lo 'mperio del buon Barbarossa, di cui dolente ancor Milan ragiona. E tale ha gia` l'un pie` dentro la fossa, che tosto piangera` quel monastero, e tristo fia d'avere avuta possa;

Chi è? domandò Berto Candriani. Non lo conosci? disse il tenente di vascello Paolo Orseolo. È Milan, l'ex-re di Serbia. Oh guarda! esclamò Berto. Si muove bene in un salotto, meglio che sul trono, l'animale.... Il conte Orseolo diede una gomitata a Berto. Milan s'inoltrava, tenendo al braccio la contessa Lombardi, che gli presentò gli invitati.

Noi siam di voglia a muoverci pieni, che restar non potem; però perdona, se villania nostra giustizia tieni. Io fui abate in San Zeno a Verona sotto lo ’mperio del buon Barbarossa, di cui dolente ancor Milan ragiona. E tale ha gi