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La vita del mediero è meno incerta di quella del peone, ma non meno dura. Egli vive isolato in mezzo alla sterminata pianura. Spesso il centro di popolazione più vicino dista delle leghe. Una visita del medico costa venti pesos alla lega (50 lire). In caso di malattia ogni cura efficace è impossibile. Nell'estate, quando il grande calore corrompe l'acqua dei pozzi, il tifo ed il vaiolo mietono intere famiglie. In quella triste stagione è comune il vedere attaccato alla porta delle casupole un cencio nero, che si agita al vento tropicale soffiante dal Brasile e dal Paraguay caldo come il soffio d'una fornace. Quel cencio nero che sembra un uccellaccio di malaugurio agonizzante, significa che la morte è passata da : è il segno del lutto. La durezza delle condizioni fatte dal proprietario costringe il mediero a coltivare molta più terra di quanto sarebbe in grado di fare. Questo rende i lavori campestri eccessivamente faticosi. Il padrone sfrutta il mediero, e questi sfrutta la terra. La coltivazione si riduce allo strappare al suolo quanto più prodotto è possibile col minimo di lavoro, in proporzione alla superficie. Una famiglia normale coltiva circa cento ettari di terra. Le operazioni campestri debbono ridursi a due sole, per mancanza di tempo e di forza: la semina e la raccolta. La terra non sente la cura continua, operosa, della mano dell'uomo; non viene rinvigorita dalle concimazioni, liberata dalle male erbe. Si spossa rapidamente; dopo otto dieci anni, la sua forza produttrice declina rapidamente. L'uomo è costretto ad abbandonarla; essa ritorna pascolo; il deserto la invade di nuovo. Il proprietario è molto ricco, e poco gl'importa di sostituire l'agricoltura con la pastorizia nelle terre sfruttate; ma il mediero, salvo casi non troppo comuni, è sempre povero. Esso abbandona i campi ingrati in cerca di nuovo lavoro, ma con molto coraggio e molte illusioni di meno. È incalcolabile il numero di medieri che in quest'anno di misero raccolto sono tornati ad essere peoni. Ricordo d'averne incontrati tanti e tanti nelle colonie di Santa e di Rosario, tragiche figure di affamati. Sono venute le annate di buon raccolto, ma essi non hanno potuto profittare della prosperit

Allora sitibondi di sangue volgono il formidabile acciaro fra l'oste più folta, e piove ove scende irreparabile morte: striscia di sangue allaga i lor passi, e mietono mille vite fra il volgo e fra gli eroi. Stefano instancabile rinnova ognora e gli assalti e la strage, scorre le file, raccoglie i fuggitivi e oppone il suo valore ove vien meno quello de' soldati.