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Un giorno, essendo Spinello a lavorare sulle impalcature del Duomo, in compagnia di mastro Jacopo, questi gli disse di punto in bianco: Ragazzo mio, è tempo che tu voli da te. Volare da me! esclamò il giovine levando gli occhi dal muro, per guardare il maestro. Che intendete di dire? Mi sembra di parlar chiaro; ripigliò mastro Jacopo.

Feci due o tre note false; egli mi corresse; la vergogna mi paralizzò la voce; gettai la musica sul pianoforte, fuggii all'altro capo della stanza, sedetti ad uno scrittoio colle braccia sovr'esso ed il capo sulle braccia, e scoppiai in pianto.

E mentre il mio geloso furore provocato da un nonnulla (ora lo capisco) prorompeva in parole sconnesse, in urli, in gesticolazioni da mentecatto, e Gemma mi stava immobile davanti, senza mutar di colore, senza che nei bei occhi le si accendesse un baleno d'indignazione o di piet

Il direttore entrò, piombò nel salotto, gli occhi fuori della testa, il cappello in una mano, il bastone col pomo d'argento nell'altra, il pancione ansante e tuonò: Sono Matteo Cantasirena! Rispose calmo il Casalbara: Mi dica in che cosa posso servirla. Non ho mai avuto il bene di conoscerla. Suo fratello Eriprando, il martire di Josephstadt, quello avrebbe riconosciuto Matteo Cantasirena!

Ezio Cami, un po' superstizioso, disse: Dicono che i sogni siano il riflesso, la ripercussione della vita giornaliera... Io non ho mai pensato in questi giorni, neppure casualmente e alla sfuggita, alla signora Arici... Non l'ho mai desiderata, quantunque desiderabilissima, perchè non amo di fantasticare cose impossibili o che a me paiono irraggiungibili. Ed ella intanto mi è venuta in sogno, ed è stata mia, come se la nostra vita di amanti durasse da un pezzo, senza che lei io ci preoccupassimo del marito che pure esisteva anche nel sogno, giacchè ricordo benissimo che ella non era semplicemente una signora, ma la signora Arici!... Di che mi meraviglio?... Forse nella realt

«State tranquillo.... Quel galantuomo mi disse che se voi aveste a rifuggirvi in Venezia, col

PROTODIDASCALO. Che faresti se ti portassi bene, se con tanta fretta mi dimandi il male? Ma tu ancora ignori i tuoi guai: t'apporto nuovi guai. LAMPRIDIO. I miei guai son tanti che non se ne trovano piú per accrescerli. PROTODIDASCALO. Tuo padre è venuto. LAMPRIDIO. Giá lo sai? PROTODIDASCALO. Ti ricerca. LAMPRIDIO. Sai troppo. PROTODIDASCALO. E fra poco tempo tel troverai dinanzi.

«Sono lagrime questediceva affannoso. «Io ho consumato da gran tempo le mie. Le ho sparse d'ira, di amore, di tenerezza, di rabbia. Ora se il Cielo mi ridonasse le lagrime, vorrei spargerle sempre di piet

Il vostro nome, riprese Gallo-di-fuoco al colmo della emozione, non può esser che Occhio-di-Anémone... ovvero... Abbasso l'ovvero! gridò la fanciulla battendo le palme avete colto nel segno di primo tratto... Io mi chiamo Occhio-di-Anémone... come voi, mio bel signorino, dovreste chiamarvi.... dovreste.... chiamarvi.... Via! Ajutatemi un poco...

Il buon prete col suo cervello aveva armeggiato in questa guisa: il patto fatto mi obbliga a non impiegare nemmeno uno scudo in chiesa. Maladetto quel patto!