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EUFRANONE. Signore, perdonatemi se mi fo vincere dalla vostra ostinata cortesia: ecco la mano in segno d'amicizia e di parentado, avertendovi di nuovo che non ho dote da darvi. DON IGNAZIO. E ancorché me la voleste dare, non la vorrei: conosco non meritar tanta dote quanta ne porta seco.

Bravo! una sciarada, ma io l'ho sciolta, e me ne trovo bene. Il primo è la campagna, il secondo la solitudine, il terzo l'indipendenza, il quarto la serenit

Non le piace? chiese Antonietta, con l'aria del maestro, che interroga uno scolaro. Non mi piace, no, se tu me ne d

Ma, poiché da voi mi vien offerta, apro il cuore e ve lo paleso. PARDO. Talché posso assicurarmi che non amate Sulpizia? EROTICO. Di grazia, caro padre, non me la nominate piú, se non volete che la biestemme. PARDO. Veramente, io non vi facea altra difficultá in queste nozze: non l'ho voluta conchiuder con mio figlio, fin che da voi non me ne fussi certificato, ch'io temea sempre di Sulpizia.

È vero che, se ella non è facta e donata per amore di me, quello acto non gli vale quanto a grazia. che vedi che acciò che essi usassero la virtú della caritá, Io gli ho facti miei ministri e posti in diversi stati e variati gradi. Questo vi mostra che nella Casa mia ha molte mansioni, e che Io non voglio altro che amore.

Padre mio le vostre parole mi ridonano gli spiriti. Ascoltatemi dunque, perocchè io sia venuta appunto per favellarvi dei vostri nepoti. Voi vedete in me una madre desolata, una vera madre del Pianto. Di me non parlo. Non badate a questo abbigliamento vilissimo, per cui divenni favola poco anzi dei vostri medesimi staffieri.....ma sappiate che i figliuoli miei, i nepoti vostri, non hanno vesti che bastino a cuoprire la loro nudit

DON IGNAZIO. Se non che pregarla che m'accetti per sposo, pur se non sdegna cosí basso sogetto. ANGIOLA. Non sapete voi meglio di me che questo ufficio convien farsi col padre e non con lei, perché non lice ad una donzella dispor di se stessa?

Ma chi piglia i fastidi per fastidi, entra in un mar di fastidi; però non vorrei io tanto ingolfarmi in questi fastidi, che lasciassi passar l'occasione che ho desiderata mille anni. Fioretta m'ha promesso aspettarmi in questa camera, e giá due ore sono: deve star a disagio. O me felice, or corrò il frutto tanto desiderato! Ma qui non è niuno.

vita beata che ti stai nascosta dentro a la tua letizia, fammi nota la cagion che presso mi t’ha posta; e perché si tace in questa rota la dolce sinfonia di paradiso, che giù per l’altre suona divota». «Tu hai l’udir mortal come il viso», rispuose a me; «onde qui non si canta per quel che Bëatrice non ha riso.

Io dicea fra me stesso pensando: ‘Ecco la gente che perdé Ierusalemme, quando Maria nel figlio diè di becco!’ Parean l’occhiaie anella sanza gemme: chi nel viso de li uomini legge ‘omo’ ben avria quivi conosciuta l’emme. Chi crederebbe che l’odor d’un pomo governasse, generando brama, e quel d’un’acqua, non sappiendo como?