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Marzio aveva declinato il capo sopra la spalla destra; e, chiusi gli occhi, gli sfuggivano dagli angoli grosse lacrime non piante, ma traboccate per la piena dell'angoscia... Or via, insisteva il Vicario, da bravo, figlio mio, confessa... confessa... Marzo sembrava assopito, e non rispondeva.

Il Conte dopo breve cammino tornando a dolersi del piede offeso, mostrò voglia di ricondursi in camera; e Marzio lo accompagnò, e lo sovvenne con amorosa assistenza.

La botta empì di sospetto i banditi; e Marzio allora, per maggiormente spaventarli, gridò con quanto fiato aveva in gola: Maledetti! Egli è tempo questo da sentir cantare la calandra?... Alla foresta! alla foresta! La corte ci è sopra. E Olimpio, correndo, urlava a sua posta: Salva... salva... la corte ci è sopra. Il Conte... portate il Conte...

Questo è guaio grande: che importa pescare, se non si bada alla rete? Vien qua, fanciullo, e cantaci la tua canzone; intanto Marzio potrebbe venire. Oh! vi pare egli? Ella è una canzone composta da qualche montanino ignorante di questi luoghi; pare proprio fatta con la piccozza.

E notate ancora, che io vi attraverserò con ogni mia possa. Voi? Anche la formica salvò il colombo pungendo il piede allo arciere. Ed ora che vi ho detto tutto questo, non vi sentite sdegnato meco, Marzio? Niente affatto. Non ve lo espressi pur dianzi? Ogni uomo è forza che fili la stoppa che gli pose in mano il destino. Forse, chi sa?

Marzio accompagnò cotesti frati di cui lo strano aspetto era tale, da fare rabbrividire Cristo comunque crocifisso: tentò ficcare gli occhi sotto al costoro cappuccio, ma non gli venne fatto di bene ravvisarli: mentre stavano per uscire, uno di loro, voltandosi per salutare col solito ritornello la pace sia con voi, lasciò cadere un largo coltello; il quale raccolto prestamente da Marzio, fu con gesto umile presentato al frate dabbene.

Io mi sento tutto altro che sanato; il bisogno di prendere un poco d'aria pura, il fastidio insopportabile di tenermi giacente in camera mi ha spinto a perigliarmi fino qua. Marzio porgimi il braccio, tanto che io possa un po' riconfortarmi qui allo aperto. Marzio gli diè braccio; sicchè a vederli parevano i più amorevoli padrone, e servo, che da un pezzo in qua avessero rallegrato il mondo.

Ma la voce facendosi sempre più prossima insisteva: Signora Beatrice... su, scuotetevi... non vi perdete di animo... O Signora Beatrice, coraggio, sono io... è Marzio che vi chiama.

Ti pare che questa bottega porti insegna di traditore? disse Marzio scuoprendosi con la destra la fronte; ho promesso salvarti, e ti salverò: non vedi che tu barcolli come ebbro, e le tue ginocchia si urtano insieme? Il vino ti ha dato alla testa. Adesso ci scuoprirebbero, e ammazzerebbero tutti e due. Ma colei, ch'è teco, che femmina è? Non è la sua figlia?

Un bussare precipitoso alla porta segreta interruppe il corso delle sue malvage riflessioni: credendo fosse Marzio venuto per qualche subito caso, si accostò in fretta, ed aperse.